ESENZIONE norma di favore stabilita dal legislatore in cui non prevede l’applicazione dell’imposta o la prevede ma in misura minore rispetto a quella normale, comunque di favore. La fattispecie possiede tutti gli elementi del presupposto.
ESCLUSIONE: caso in cui la fattispecie non perfeziona tutti gli elementi previsti dal presupposto. Non sono elencati tutti i possibili casi di esclusione dal legislatore in quanto è il fatto in sé che non è previsto dal tributo. Tuttavia. Ove vi è difficoltà di trattamento tra esclusione ed esenzione, il legislatore è obbligato a elencare i fatti che portano a esclusione.
DEDUZIONE: dato il reddito, il legislatore consente la deduzione di determinate spese.
DETRAZIONE: consiste nella sottrazione dell'imposta; il contribuente determina il reddito, applica l’aliquota e determina l’imposta alla quale sottrae una certa percentuale di, per esempio, una spesa medica sostenuta. La detrazione, a differenza della deduzione, non incide quindi sull’aliquota. Tale è posta a evitare di favorire ulteriormente chi ha redditi maggiori.
SOSTITUZIONE: il legislatore deroga alla normale applicazione d’imposta ricorrendo a regimi sostitutivi. Vi è sostituzione nei casi in cui l’obbligazione tributaria è posta a carico di un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto del tributo. Sostituto è chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto. Il presupposto della sostituzione è che un soggetto (sostituto) corrisponde somme o altri valori ad un altro soggetto (sostituito) ed è vantaggioso per il fisco che il sostituto sia tenuto ad operare una ritenuta e a versare.
Il coinvolgimento del terzo, nell’attuazione del tributo, è per il fisco notevole garanzia che non vi sarà evasione, essendo il terzo in posizione fiscalmente neutrale. Ciò in quanto il sostituto si obbliga personalmente verso il fisco, ma ha anche il diritto-dovere di “trattenere”, dalla somma che corrisponde al reddituario, un importo pari alla somma di cui è debitore verso il fisco. Tra sostituto e sostituito intercorre il rapporto di rivalsa, in base al quale il primo ha il diritto-dovere di effettuare le ritenute.
La sostituzione si presenta in 2 forme: 1. A titolo d’imposta (o a titolo definitivo): comporta l’applicazione di un’aliquota fissa su un determinato provento che è così sottratto alla sua inclusione nel reddito complessivo del percipiente.
Essa realizza allo stesso tempo una sostituzione in senso oggettivo ( si applica un regime invece di un altro) e in senso soggettivo (in quanto l’obbligazione tributaria è posta a carico di un soggetto diverso da colui che percepisce il reddito).
La figura del sostituto a titolo definitivo si distingue dal sostituto a titolo d’acconto, perché il sostituto a titolo d’imposta è l’unico debitore verso il fisco dell’imposta dovuta sul presupposto realizzato dal sostituto. I l rapporto tra fisco e sostituto è dunque un rapporto d’imposta mentre tra fisco e sostituito non v’è alcun rapporto; quest’ultimo non deve nemmeno dichiarare i redditi che siano soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.
La posizione del sostituito muta se il sostituto omette sia le ritenute che il versamento; in tal caso sostituto e sostituito sono obbligati in solido.
. A titolo d’acconto: il sostituto non è debitore in luogo del soggetto che sarebbe obbligato secondo i criteri generali della soggettività passiva dell’obbligazione, ma è soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento al quale non è riferibile alcuna idea di sostituzione.
Il sostituto a titolo d’acconto non è soggetto passivo dell’obbligazione tributaria commisurata al presupposto, ma è tenuto per obblighi di natura diversa, che hanno come fattispecie l’erogazione di somme al sostituto, e che consistono nell’operare una ritenuta e nel versare una somma pari alla ritenuta. Il sostituto è obbligato sull’intero suo reddito. Le ritenute d’acconto, per chi le subisce, costituiscono un acconto dell’imposta che sarà dovuta sui redditi di quel periodo d’imposta.
Chi subisce la ritenuta acquisisce un credito di pari ammontare nei confronti del fisco, che sarà indicato nella dichiarazione dei redditi e sarà detratto dal debito d’imposta di quell’anno.
Il reddito d’ impresa
La disciplina del reddito d’ impresa è collocata all’ interno della disciplina dell’ Ires, ma le stesse norme valgono anche per l’ imprenditore individuale e la società di persone. Per il legislatore fiscale l’ impressione reddito d’ impresa coincide con l’ espressione reddito di impresa commerciale, dove per impresa commerciale si intende l’ esercizio di professione abituale, non esclusiva delle attività indicate nell’ art. 2195 del CC; fiscalmente, quindi, sono attività d’ impresa le attività definite commerciali dal CC.
Al fine della determinazione del reddito d’ impresa occorre capire di quale tipo di impresa si sta trattando:
1) IMPRESA ORDINARIA: è quella che ha un volume d’ affari maggiore di 516000 euro se produce beni o 309000 euro se presta servizi. Essa è deve tenere la contabilità ordinaria, composta da tutte le scritture contabili che sono riportate nel CC e il suo reddito viene determinato con le norme sull’ IRES;
2) IMPRESA MINORE: è quella che ha un volume d’ affari minore a 516000 euro se produce beni o 309000 euro se presta servizi. Esse hanno un tipo di contabilità semplificata rispetto a quella ordinaria, sempre che non vogliano comunque optare per il regime di contabilità ordinaria; esse, infatti, devono limitarsi a tenere i registri Iva, nei quali devono essere annotati anche gli elementi, non rilevanti ai fini Iva, rilevanti ai fini reddituali, compresi i valori delle rimanenze. Le regole di determinazione del loro reddito sono state concepite tenendo conto del fatto che queste imprese non compilano un bilancio e quindi non hanno un risultato d’ esercizio chiaro;
3) CONTRIBUENTE MINIMO: è un imprenditore o un lavoratore autonomo che ha ricavi o compensi percepiti inferiori a 30000 euro. Inoltre non deve avere dipendenti e non deve effettuare investimenti superiori a determinate soglie. Il loro reddito imponibile è determinato in base al principio di cassa ed è dato dalla differenza fra compensi percepiti e spese sostenute nel periodo d’ imposta; questo reddito è assoggettato ad un’ imposta sostitutiva dell’ IRPEF, IRES e IRAP pari al 20% dell’ imponibile. Inoltre non paga l’ IVA ed è esonerato dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili.
Le norme di determinazione del reddito d’ impresa sono collocate tra le norme che disciplinano l’ imposta sulle società (IRES) e si applicano anche agli imprenditori individuali e alle società di persone (con le deroghe per l’ Irpef viste sopra). Il reddito imponibile fiscalmente è determinato apportando all’ utile o alla perdita risultante dal CE del relativo periodo d’ imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’ applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni. Il risultato del CE, quindi, è fiscalmente rilevante come primo elemento di calcolo ai fini fiscali, al quale devono seguire variazioni in aumento o diminuzione di tale risultato (PRINCIPIO DI DIPENDENZA o DERIVAZIONE del reddito fiscale da quello civilistico).
Il principio di competenza (fiscale) Un altro principio fondamentale del reddito d’ impresa è quello di competenza, in base al quale l’ imputazione temporale dei componenti positivi e negativi che concorrono a formare il reddito d’ impresa deve essere fatta applicando il principio di competenza economica, che si contrappone al principio di cassa. In base al principio di cassa, le componenti di reddito assumono importanza nel momento dei pagamenti / incassi; in base al principio di competenza cioè che è rilevante è il momento economico, ovvero: o Ricavi: scambio con i terzi; o Costi: quando si realizzano i corrispettivi ricavi (PRINCIPIO DI CORRELAZIONE)
Riguardo ai componenti positivi di reddito, questi vanno a far parte dell’ imponibile se sono di competenza di quel periodo d’ imposta e se sono anch’ essi certi e determinabili ( pochi limiti); riguardo i costi, invece, essi sono deducibili solo se ricorrono 3 condizioni:
INERENZA con l’ attività d’ impresa;
CORRELATIVITA’ con i ricavi: un costo è deducibile solo se nello stesso periodo d’ imposta ha dato vita al relativo ricavo. Se un costo riguarda l’ impresa ma è correlato ad un ricavo non inserito nel medesimo periodo d’ imposta non può essere dedotto (si evitano cos’ manovre elusive alla tassazione);
DOCUMENTAZIONE del costo: se un costo non è contenuto nelle spese contabili o non è registrato, né imputato a CE non può essere dedotto. Tuttavia se il costo ha i due requisiti precedenti, ma è solo documentato o documentabile, allora è ugualmente deducibile (migliore controllo dell’ amministrazione finanziaria e minore possibilità di effettuare ricavi in nero)
Ricavi
Corrispettivi che derivano dalla cessione di una merce o dalla prestazione di un servizio;
Corrispettivi che derivano dalla cessione di azioni o titoli quando queste sono equiparate alle merci (si trovano nell’ attivo circolante);
Indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni la cui cessione genera ricavi (tali indennità sostituiscono i ricavi che si potrebbero generare dalla cessione dei beni danneggiati);
Contributi in denaro o il valore normale dei contributi in natura, spettanti in base a contratto, insieme ai contributi pubblici in conto esercizio (contributi in c/ capitale sono sopravvenienze attive);
Fuoriuscita senza corrispettivo di un bene (es. autoconsumo). Il ricavo dovrà essere inserito sulla base del valore normale del bene ceduto.
Plusvalenze
PATRIMONIALI: derivano dalla cessione di beni diversi dai beni merce o dalla fuoriuscita di questi beni dall’ attività d’ impresa. La plusvalenza è una differenza positiva fra quello che si ottiene dalla cessione/fuoriuscita del bene e il costo iscritto in bilancio, tenendo conto delle quote di ammortamento già accantonate. Le plusvalenze realizzate godono di una norma di favore, in quanto esse concorrono a formare il reddito, a scelta del contribuente, nell’ esercizio di competenza o in quote costanti nell’ esercizio stesso e nei successivi (ma non oltre il quarto); la rateizzazione, però, è consentita solo per i beni posseduti per almeno 3 anni. La ragione di questa agevolazione sta nel fatto che si è voluto favorire quelle imprese che rinnovano il loro apparato strumentale;
DA PARTECIPAZIONI IMMOBILIZZATE: nello stato patrimoniale i titoli di partecipazione possono far parte dell’ attivo circolante (sono l’ oggetto dell’ impresa) oppure delle immobilizzazioni finanziarie (sono un investimento durevole). La cessione dei primi genera ricavi, mentre quella dei secondi genera plusvalenze, che sono considerate esenti solo se rispettano 4 requisiti:
1. Periodo di possesso dei titoli deve essere di almeno un anno;
2. Devono essere titoli iscritti nelle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso. L’ esenzione, quindi, viene concessa solo agli investimenti durevoli e la prima iscrizione in bilancio ha valore decisivo;
3. Devono essere partecipazioni in società che hanno sede ai fini fiscali in uno stato non a regime fiscale privilegiato (non in uno stato della white list). Se, però, la società ha sede in un paese agevolato ma da ciò non deriva nessun vantaggio fiscale, la plusvalenza è esente;
4. La partecipata deve esercitare un’ impresa commerciale e non di mero godimento.
Se le plusvalenze rispettano questi 4 requisiti godono di esenzione, totale per i soggetti IRES e parziale per i soggetti IRPEF (solo il 50,28% della plusvalenza è esente); l’ esenzione delle plusvalenze fa si che i costi connessi alle partecipazioni che godono di esenzione siano indeducibili.
Se, al contrario, non ricorrono questi requisiti, esse sono tassate interamente nel periodo d’
imposta.
Sopravvenienze attive
Esse si hanno tutte le volte che, in un periodo successivo a quello di competenza, si verificano eventi che danno, ad un fatto già contabilizzato, un esito diverso da quello contabilizzato. Vi sono due tipi di sopravvenienze:
1. IN SENSO STRETTO: eventi che modificano componenti positivi o negativi di reddito che hanno già concorso alla formazione del reddito in precedenti esercizi;
2. IN SENSO LATO: derivano da un evento estraneo alla normale gestione dell’ impresa e non modificano voci di reddito precedentemente computate ai fini fiscali (es. indennità di risarcimento, proventi conseguiti a titolo di tributo)
I dividendi e gli interessi attivi
I dividendi percepiti da imprenditori individuali e da società di persone sono tassati per il 49, 72% del loro ammontare. Gli interessi attivi concorrono a formare il reddito imponibile per l’ ammontare maturato nel periodo d’ imposta (principio di competenza); la misura del tasso di interesse deve derivare o da un contratto scritto o da una presunzione di questo.
Spese per prestazioni di lavoro
Le spese per prestazioni di lavoro sono interamente deducibili, anche se si tratta di liberalità; tutto ciò che per il lavoratore è imponibile,infatti, per il datore di lavoro è deducibile. Riguardo all’ imprenditore individuale il legislatore limita la deducibilità di queste spese per lui e per i suoi familiari, allo scopo di evitare che si abbassi l’ aliquota progressiva del reddito del nucleo familiare, dato che le retribuzioni si spalmano tra la famiglia. I compensi erogati sotto forma di partecipazioni agli utili concesse ai dipendenti, queste sono deducibili indipendentemente dall’ imputazione a CE; la partecipazione agli utili di un esercizio,infatti, è calcolata l’ anno successivo.
Gli interessi passivi
Per i soggetti IRPEF (imprenditori individuali e società di persone) gli interessi passivi sono deducibili solo se sono inerenti all’ esercizio d’ impresa e solo in modo parziale, ovvero per la parte corrispondente al rapporto tra l’ ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono alla formazione del reddito d’ impresa, o che non concorrono in quanto esclusi, e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. La parte di interessi passivi non deducibile corrisponde alla quota dei ricavi e proventi esenti rispetto al totale dei ricavi e proventi; per tale importo non si ha diritto alla prestazione di imposta.
Oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale
Dalla base imponibile di un’ imposta sul reddito non sono deducibili le spese per pagare l’ imposta stessa, le quali non sono un costo di produzione ma una conseguenza del reddito prodotto; non sono deducibili nemmeno le imposte per le quali è prevista la rivalsa. Riguardo all’ IRAP questa non è deducibile, mentre l’ IVA è detraibile e in particolare:
Quella relativa agli acquisti si detrae dall’ imposta dovuta sulle vendite;
Quella sulle vendite si recupera mediante rivalsa sui clienti.
Vi sono dei casi, però, in cui l’ IVA è indetraibile (per quei soggetti che svolgono attività che sono imponibili ma anche esenti): in questi casi essa rimane a carico del soggetto passivo, divenendo un costo e per questo il legislatore consente la deducibilità dell’ IVA indetraibile. Le altre imposte, poi, sono deducibili in base al principio di cassa. Gli oneri contributivi sono deducibili nell’ esercizio in cui sono corrisposti (per cassa) e a condizione che siano dovuti in base a formale deliberazione dell’ associazione. Gli oneri di utilità sociale sono una serie di erogazioni liberali rivolte all’ utilità di terzi e non inerenti all’ impresa; essi, però, possono essere dedotti parzialmente dal legislatore, mirando a favorire i destinatari di tali erogazioni.
Minusvalenze patrimoniali
Si ha minusvalenza quando viene ceduto un bene ad un prezzo inferiore al suo valore fiscalmente riconosciuto; esse sono deducibili solamente quando sono realizzate. Per gli imprenditori individuali e le società di persone le minusvalenze realizzate relative partecipazioni con i requisiti dell’ esenzione sono indeducibili in misura corrispondente alla percentuale di plusvalenza esente.
Sopravvenienze passive
Si hanno quando si verifica:
a) Mancato conseguimento di ricavi che hanno concorso a formare il reddito in esercizi precedenti;
b) Il sostenimento di spese a fronte di ricavi che hanno concorso a formare il reddito in esercizi precedenti;
c) La sopravvenuta sussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.
Esse sono sempre deducibili.
Perdite
La perdita può essere relativa a:
Beni strumentali: è deducibile solo per il valore fiscalmente riconosciuto (costo del bene non ancora ammortizzato);
Crediti: vi sono dei limiti alla deducibilità, per il fatto che per dedurre questa perdita ci devono essere elementi certi che dimostrano la perdita stessa, e in particolare:
1. Quando vi è una perdita su crediti che deriva da un credito verso un soggetto verso il quale
è stata avviata una procedura concorsuale, questa è interamente deducibile;
2. Se la procedura non è stata avviata occorre dimostrare che sono state fatte delle azioni per recuperare il credito; in questo caso la perdita è deducibile nella misura che eccede gli accantonamenti ai fondi rischi su crediti.La norma in materia di perdite su crediti, infatti, deve essere coordinata con la disciplina degli accantonamenti per rischi su crediti, i quali sono fiscalmente dedotti (entro certi limiti) nell’ esercizio in cui il credito si pensa che non verrà incassato, anticipando la deduzione del costo in vista della eventuale futura perdita. Quando poi si verificherà la perdita, si dovrà tenere conto dell’ accantonamento dedotto in precedenza, per cui la perdita sarà deducibile solamente per la parte che eccede l’ ammontare dell’ accantonamento già dedotto.
Nell’ attivo dello SP le immobilizzazioni devono essere iscritte inizialmente per un valore pari al costo, il quale deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio, in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Fra la disciplina del TUIR e quella del CC vi è una differenza:
CC: le quote di ammortamento devono essere stabilite in base alla vita utile del bene (varia a seconda delle sue caratteristiche e deriva da una valutazione libera dell’ imprenditore);
TUIR: non può consentire all’ imprenditore di stabilire liberamente le quote di ammortamento e per questo i coefficienti di ammortamento vengono stabiliti e aggiornati dal Ministero delle finanze, per categorie omogenee di beni in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi. La deducibilità dell’ ammortamento è prevista solo per questa quota prevista dal ministero; il TUIR, quindi, stabilisce la quota massima di ammortamento deducibile.
Se il coefficiente di ammortamento di bilancio è inferiore al coefficiente stabilito dal TUIR significa che vi è un sottoutilizzo dei beni strumentali per evidenziare una minore obsolescenza; la parte di ammortamenti fiscale in eccesso non può essere dedotta perché non è imputata a CE e la deduzione viene rinviata al primo periodo di imposta successivo a quello in cui cessa l’ ammortamento civilistico. Se, al contrario, la quota di ammortamento in bilancio è maggiore di quella fiscalmente prevista, la parte di ammortamento civilistico in eccesso deve essere ripresa a tassazione e il relativo importo potrà essere dedotto con variazioni in diminuzione non superiori al limite massimo, a partire dal primo esercizio successivo a quello in cui cessa l’ ammortamento civilistico. Le quote di ammortamento sono deducibili a partire dall’ esercizio di entrata in funzione del bene; nel primo esercizio, poi, la quota di ammortamento deve essere ridotta a metà, indipendentemente dalla data di entrata in funzione del bene. Infine, se il bene ha un costo inferiore a 516 euro, è fiscalmente consentita la deduzione del costo interamente nel periodo d’ imposta in cui il bene è stato acquisito.
Le immobilizzazioni immateriali sono distinte in 3 categorie, alle quali corrispondono discipline diverse:
1) diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, brevetti industriali, processi, formule e informazioni relative ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico: il costo di queste è annualmente deducibile fino al 50%;
2) diritti di concessione: le quote di ammortamento possono essere dedotte in misura rapportata alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge;
3) avviamento: è ammortizzabile annualmente in misura non superiore a 1/18 del valore iscritto nell’ attivo di bilancio.
Spese incrementative di beni ad utilità pluriennale
Queste spese possono andare ad incrementare il valore del bene, andando così ad aumentare l’ ammortamento, oppure si possono dedurre nel periodo d’ imposta di loro competenza, ma fino al 5% del valore dei cespiti iscritti nel registro dei cespiti ammortizzabili all’ inizio del periodo d’ imposta. Se vi sono delle eccedenze, queste sono ammortizzabili per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Sono deducibili nell’ esercizio in cui sono sostenute le spese di manutenzione in abbonamento, ossia le spese dovute in base a contratti di manutenzione.
Spese pluriennali
- Spese sostenute per studi e ricerche: sono interamente deducibili nell’ esercizio in cui sono sostenute, fermo restando la facoltà del contribuente di dedurle in quote costanti, in più esercizi, fino ad un massimo di 5;
- Spese di pubblicità e propaganda: sono deducibili nell’ esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’ esercizio stesso e nei 4 successivi;
- Spese di rappresentanza: sono deducibili nel periodo d’ imposta di sostenimento se rispondenti a requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministero delle finanze. Questo perché sono spese che riguardano l’ impresa in generale e quindi possono svincolare dall’ attività propria dell’ impresa e riguardare altro.
Accantonamenti
La disciplina di bilancio impone l’ iscrizione dei costi anche soltanto probabili, mentre il diritto fiscale prevede che i costi siano deducibili solo quando sono certi; gli accantonamenti fiscalmente deducibili sono, quindi, un’ eccezione alla regola e possono riguardare esclusivamente:
1. Fondi per indennità di fine rapporto e fondi di previdenza dei dipendenti: in questo fondo vi sono somme la cui uscita e il cui ammontare sono certi, l’ unica cosa che non si sa è il momento in cui avverrà l’ uscita di denaro;
2. Fondi per rischi su crediti: i quali sono deducibili solo per un importo pari allo 0,50% del valore nominale dei crediti, fino a quando il fondo rischi è inferiore al 5% dei crediti risultanti in bilancio.
Rimanenze
Partecipano al calcolo del reddito imponibile anche le rimanenze, in quanto l’ ammontare delle rimanenze finali di un periodo determina l’ entità delle giacenze iniziali del periodo successivo. La valutazione delle rimanenze si effettua raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e valore, assumendo come criterio di valutazione, in primo luogo, il COSTO SPECIFICO.
Le rimanenze, al termine del primo esercizio in cui si verificano, sono valutate in base al COSTO MEDIO, cioè costo complessivo dei beni prodotti o acquistati per le loro quantità.
Negli esercizi successivi:
1. se vi è incremento: le maggiori quantità costituiscono gruppi distinti per esercizio di formazione, da valutare con il criterio del costo medio;
2. se vi è decremento: i beni venduti sono stati maggiori di quelli acquistati e la differenza è stata prelevata dal magazzino. In questo caso si applica il CRITERIO LIFO, in base al quale si considerano prelevati i beni più recenti; il magazzino, quindi, viene valutato in base ai costi più vecchi.
Ai fini fiscali è consentita l’ assunzione anche di altri metodi (es. media ponderata o FIFO o varianti LIFO). Se il valore normale dei beni è inferiore al costo, è consentita la svalutazione di magazzino; il CC infatti prevede che il magazzino venga valutato al minor fra il costo e il valore di mercato.
Titoli e partecipazioni sociali non immobilizzate
Questi sono titoli che danno origine a ricavi, in quanto si trovano nell’ attivo circolante e alla fine del periodo d’ imposta devono essere valutati come i beni e le merci dell’ impresa, ossia:
Devono essere raggruppati in categorie omogenee, sulla base dell’ ente che emette il titolo e sulla tipologia del titolo;
Nel primo esercizio, ogni titolo è valutato al costo medio;
Negli esercizi successivi, le maggiori quantità sono distinte per periodo di formazione, mentre se le quantità sono diminuite si segue il LIFO;
Come valore normale con il quale confrontare il costo si prendono i prezzi dei titoli mediamente praticati sul mercato (se la partecipazione è negoziata, si fa riferimento al mercato borsistico, mentre se non è negoziata si fa riferimento al valore patrimoniale delle società a cui ci si riferisce per quei titoli);
In caso di costo < valore normale, per le partecipazioni e per i suoi simili non è permessa la svalutazione
Nozioni di reddito
Le principali nozioni di reddito elaborate dagli economisti sono 3:
reddito come prodotto: un’ entrata ha natura di reddito solo se deriva da una fonte produttiva;
reddito come entrata: comprende sia i frutti del patrimonio/ attività in oggetto sia gli incrementi patrimoniali;
reddito come consumo: viene tassata solo la ricchezza consumata, con esclusione sia di quella risparmiata, sia del reddito da capitale.
La nostra legislazione fiscale ha, sin dall’ origine, accolto il concetto di reddito come prodotto, tassando sia i redditi prodotti in modo continuativo sia quelli prodotti una tantum; nonostante ciò, però, vi sono aperture del nostro sistema sia al reddito come entrata, sia del reddito come consumo. Il reddito, una definizione chiara e unitaria nemmeno nel TUIR, lo si può definire come un incremento di patrimonio derivante da una fonte produttiva; il nostro legislatore individua alcune categorie di reddito tassabile, fornendo per ciascuna di esse particolari regole di determinazione:
1. REDDITI FONDIARI;
2. REDDITI DI CAPITALE;
3. REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE;
4. REDDITI DI LAVORO AUTONOMO;
5. REDDITI D’ IMPRESA;
6. REDDITI DIVERSI.
Tutti questi redditi sono intesi come redditi prodotti, in quanto sono legati ad una fonte produttiva, tranne i redditi diversi, i quali sono intesi come redditi entrata poiché non sono legati a nessuna fonte produttiva.
Presupposto dell’ imposta
Il presupposto dell’ imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie sopra elencate; per capire se il possesso di un reddito determina la tassazione di questo, occorre esaminare, per ciascuna categoria di reddito, quale sia l’ accadimento che lo rende
tassabile. Non esiste, quindi, una definizione unitaria di possesso di reddito, ma tante definizioni in base ai vari casi che rendono tassabili i redditi delle varie categorie. I soggetti passivi, per l’ IRPEF sono sia i residenti, sia i non residenti sul territorio dello stato:
1. RESIDENTI: sono tassati sul complesso dei loro redditi, ovunque prodotti nel mondo (PRINCIPIO DELLA WORLDWIDE TAXATION);
2. NON RESIDENTI: sono tassati solo per i redditi prodotti in Italia (PRINCIPIO DELLA SOURCE- BASED TAXATION).
Per la tassazione, quindi, la cittadinanza non ha alcun rilievo e la nozione fiscale di residenza differisce da quella civilistica, in quanto si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’ imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno il domicilio nel territorio dello stato la residenza civilistica (dimora abituale). Inoltre sono considerati residenti anche coloro che spostano la residenza (civilistica)in un paese a fiscalità agevolata che non è nella white list e a questi è applicata la legge tributaria, a meno che non dimostrino di aver spostato anche il loro domicilio o centro d’ affari. Il legislatore tributario, oltre alle persone fisiche, disciplina anche i redditi che derivano da soggetti collettivi, quali società di persone e società di capitali.
Società commerciali di persone
Le società commerciali di persone vengono trattate diversamente dalle società di capitali, in quanto queste ultime sono soggetti passivi dell’ imposta sul reddito (né IRPEF né IRES), mentre le società di persone (insieme a società di fatto, associazioni professionali, società di armamento e società semplici) no. Questo trattamento agevolato è dovuto a due motivazioni:
1. le società di persone non esprimono un vero e proprio investimento, ma più che altro l’ unione di più persone che operano insieme, con un minore distacco tra soci e società;
2. esse sono caratterizzate da un minimo formalismo, soprattutto dal punto di vista contabile, il quale riduce gli oneri e gli obblighi necessari per determinare il reddito effettivo della società
La dichiarazione dei redditi: contenuto soggetti obbligati tipi e forme di dichiarazioni ed effetti e conseguenze
La dichiarazione è un atto che ha, dal punto di vista giuridico, una natura di scienza,in quanto con la dichiarazione il contribuente espone all'amministrazione finanziaria una serie di dati ed elementi che servono a determinare l’ imponibile e l'imposta, ma, all'interno di questo atto, il contribuente ha dei margini di valutazione, cioè ha possibilità di esercitare delle proprie scelte e di applicare delle norme di valutazione che dipendono dalle scelte effettuate dal contribuente stesso(es. se il contribuente è un imprenditore commerciale che decide di valutare il proprio magazzino a lifo o fifo, quella valutazione incide sull'imponibile ed è una valutazione che il contribuente sceglie, su cui non interviene l'amministrazione finanziaria e non vi è uno stretto vincolo del legislatore). È il contribuente, quindi, che sceglie il criterio da applicare e determina ,con questo criterio, l'imponibile della propria posta; per questo si dice che la dichiarazione è natura di atto di scienza perché ci sono dei dati e degli elementi che vengono rielaborati dal contribuente secondo norme dettate dal legislatore, ma ci possono essere valutazioni scelte e stimate dal contribuente a sua completa discrezione, senza che la legge impone nulla. Questa dichiarazione di scienza è l'atto iniziale dell'attuazione dei tributi, in quanto nella disciplina della maggior parte delle imposte, ai contribuenti è riservato l’ obbligo di presentare, ogni anno, una dichiarazione all’ amministrazione finanziaria, nella quale devono essere indicati il presupposto e l'ammontare dell’ imposta. Vi sono tributi, però, la cui base imponibile può rimanere invariata nel tempo e, quindi, la dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni (es., tassa raccolta rifiuti, tassa occupazione,..). altri tributi, poi, hanno carattere istantaneo e richiedono che la dichiarazione sia presentata ogni volta che si verifica il presupposto (es. imposta di registro); infine vi sono tributi per i quali non è prevista la dichiarazione.
La dichiarazione dei redditi deve essere presentata, per regola generale, da ogni soggetto che, nel periodo d’ imposta, abbia posseduto redditi; a questa regola generale si aggiungono altre 2 regole particolari:
1. Se sono stati prodotti dei redditi, la dichiarazione deve essere presentata anche se dai redditi che si
2. dichiarano non consegue alcun debito d’ imposta, cioè alcun obbligo di versamento;
3. I soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili (ossia imprenditori e lavoratori autonomi) devono presentare annualmente la dichiarazione,anche se non hanno prodotto redditi.
Analogamente, i soggetti passivi IVA devono presentare la dichiarazione annuale di tale imposta anche se non hanno effettuato operazioni imponibili. I soggetti che,invece, sono esonerati dal presentare la dichiarazione sono:
1. Soggetti che hanno redditi da lavoro dipendente e il reddito dell’ abitazione principale;
2. Soggetti che possiedono solamente redditi esenti o redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, purché non obbligati alla tenuta delle scritture contabili;
4. Soggetti che hanno redditi di ammontare inferiore al minimo imponibile.
I lavoratori dipendenti possono presentare una dichiarazione in forma semplificata, avvalendosi dell’ assistenza del proprio datore di lavoro, del CAAF o di un professionista abilitato.
I contenuti della dichiarazione sono molteplici e di varia natura, con funzioni diverse.
I principali sono i seguenti:
Il contenuto caratteristico è l’ indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse; devono essere indicati anche i soggetti a tassazione separata. Si devono indicare, quindi, gli oneri deducibili,l’ imposta lorda, le detrazioni dall’ imposta, l’ imposta netta, le ritenute e i versamenti d’ acconto, i crediti d’ imposta e il saldo finale. Nel contenuto della dichiarazione,quindi, il contribuente qualifica giuridicamente i propri redditi, perché applica le norme del TUIR, e attraverso questa qualificazione ottiene l’ imposta da versare;
La dichiarazione, inoltre, deve indicare i dati e gli elementi necessari per l’ effettuazione dei controlli, con altri elementi richiesti nel modello di dichiarazione; Nella dichiarazione devono essere indicati i trasferimenti da e verso l’ estero e la disponibilità di investimenti all’ estero; La dichiarazione è anche il documento con il quale il contribuente esercita delle opzioni, quali la scelta del regime di contabilità, la scelta tra rimborso o riporto a nuovo dei crediti d’ imposta,…
Per effetto di tali opzioni, la base imponibile e l'imposta non dipendono solo dalla legge, ma anche da scelte del contribuente, la cui volontà concorre a determinare la quantità del tributo (ecco perché la dichiarazione ha una natura legata alla scienza). L’ opzione di regimi speciali di determinazione delle imposte può essere desunta anche da comportamenti concludenti del contribuente o dalla modalità di tenuta delle scritture contabili, nel caso in cui l’ opzione non venga esercitata in dichiarazione. Altra opzione da effettuare in dichiarazione riguarda la destinazione dell’ 8 per mille alla chiesa cattolica o ad altra confessione religiosa e del 5 per mille agli enti no profit.
I contribuenti con periodo d’ imposta coincidente con l’ anno solare presentano la DICHIARAZIONE UNIFICATA ANNUALE, cioè un atto a contenuto plurimo comprendente la dichiarazione dei redditi, la dichiarazione IRAP, la dichiarazione di sostituto d’ imposta e la dichiarazione annuale IVA.
La dichiarazione deve essere redatta, a pena di nullità, su stampati conformi a modelli approvati annualmente dall’ amministrazione finanziaria; il modello standard di dichiarazione è detto MODELLO UNICO, ma vi è anche il MODELLO 730, semplificato, destinato a lavoratori dipendenti e pensionati.
La dichiarazione non sottoscritta è nulla, ma l’ ufficio deve invitare il contribuente a sanare la nullità; solo se il contribuente non si attiva scattano gli effetti della nullità. La dichiarazione dei soggetti Ires, inoltre, deve essere sottoscritta anche dal presidente del collegio sindacale, mentre per le società sottoposte al controllo contabile si richiede anche la firma di coloro che hanno sottoscritto la relazione di revisione; tali sottoscrizioni non sono richieste per la validità della dichiarazione, ma la loro mancanza rende applicabile una sanzione amministrativa. La dichiarazione, redatta sul modello cartaceo, deve essere presentata in via telematica entro il 30 settembre dell’ anno successivo al periodo d’ imposta a cui ci si riferisce; la trasmissione può avvenire per il tramite di una banca o di un ufficio postale o di altri soggetti abilitati. Il contribuente può anche trasmettere direttamente la dichiarazione servendosi di un programma informatico,dopo essere stato abilitato dall’ amministrazione. I soggetti passivi Ires devono presentare la dichiarazione in via telematica entro l’ ultimo giorno del 7° mese successivo a quello di chiusura del periodo d’ imposta. La Dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all’ ufficio postale o è trasmessa all’ agenzia delle entrate mediante procedure telematiche. La dichiarazione può essere presentata in forma cartacea anche dalle persone fisiche che non sono obbligate alla tenuta delle scritture contabili; in tal caso la dichiarazione è presentata per il tramite di una banca o di un ufficio postale tra il 1° maggio e il 30 giugno.
Sono valide le dichiarazioni presentate con ritardo non superiore a 90 gg, ma si applica una sanzione amministrativa e queste vengono identificate come ATTI DI RAVVEDIMENTO. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a 90 gg vengono dette ULTRATARDIVE e si considerano omesse e il loro accertamento sarà un accertamento d’ ufficio; esse costituiscono, però, un titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e quindi sono prese in considerazione dal fisco solo IN UTILIBUS. La dichiarazione dei sostituti Anche i sostituti d’ imposta sono gravati da obblighi di dichiarazione e in particolare vanno distinti due tipi di obblighi: 1. Presentazione di una dichiarazione dalla quale risultino le somme e i valori corrisposti e le ritenute effettuate. Nel caso di ritenute d’ acconto, devono essere indicate le generalità dei percipienti, mentre tale indicazione non è richiesta per le ritenute a titolo d’ imposta; 2. Per coloro che percepiscono redditi di lavoro dipendente possono non presentare la dichiarazione al fisco, ma presentare al sostituto una speciale dichiarazione nella quale devono indicare tutti i redditi posseduti, gli oneri deducibili e gli altri elementi necessari per la determinazione dell’ imponibile e la liquidazione dell’ imposta. Il sostituto ha l’ obbligo di ricevere le dichiarazioni e di controllare la regolarità formale; esso deve liquidare le imposte ed effettuare i conguagli in relazione alle ritenute effettuate ed ai versamenti d’ acconto; infine esso deve presentare la propria dichiarazione, indicando in essa anche gli elementi risultanti dalle dichiarazioni che gli sono state rese dai sostituti.
Le funzioni e gli effetti della dichiarazione possono essere schematizzati da 4 punti di vista:
DAL PUNTO DI VISTA PROCEDIMENTALE: la dichiarazione ha una certa rilevanza procedimentale. Essa, infatti, è sottoposta al controllo dell’ amministrazione, condiziona il controllo sostanziale, determina i metodi di rettifica del reddito dichiarato,.. Quando la dichiarazione è resa da soggetti che sono obbligati a presentarla anche in assenza di redditi, essa non è atto costitutivo o dichiarativo dell’ imposta per quel periodo, ma è un adempimento formale rilevante ai fini del procedimento di controllo. Essa, inoltre, ha anche importanza probatoria, in quanto la dichiarazione esonera l’ ufficio dal provare i fatti in essa esposti;
DAL PUNTO DI VISTA DELLA GENESI DEL DEBITO D’ IMPOSTA: rispetto all’ obbligazione tributaria la dichiarazione è da considerare diversamente a seconda che si segua la teoria costitutiva o quella dichiarativa. Secondo la prima teoria la dichiarazione è elemento della fattispecie costitutiva dell’ obbligazione, mentre secondo la seconda teoria, il presupposto, da solo, determina per legge il sorgere dell’ obbligazione tributaria, senza l’ intervento della dichiarazione; DAL PUNTO DI VISTA DELLA RISCOSSIONE: la dichiarazione è titolo per la riscossione dell’ imposta liquidata in base a quanto dichiarato. L’ amministrazione finanziaria può porre in riscossione le somme non versate, ma dovute in base alla stessa dichiarazione;
DAL PUNTO DI VISTA DEL CREDITO O DEL DIRITTO AL RIMBORSO: la dichiarazione dei redditi è titolo costitutivo di un credito del contribuente, nel caso in cui l’ ammontare complessivo dei crediti d’ imposta, dei versamenti e delle ritenute è superiore all’ ammontare dell’ imposta netta sul reddito complessivo. Il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’ eccedenza in diminuzione dell’ imposta del periodo successivo o di chiederne il rimborso nella stessa dichiarazione dei redditi. La dichiarazione integrativa
Quando il contribuente presenta la dichiarazione e si accorge di aver commesso degli errori a discapito dell'erario e a proprio vantaggio, ha sempre la possibilità di rettificare la dichiarazione, cioè di presentare una nuova dichiarazione che vada a sanare le violazioni effettuate nella precedente. Il contribuente può fare questo fino al 31 dicembre del 4 anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione, cioè 5 anni dopo che quell’imposta si è determinata. Entro questo termine il contribuente ha la possibilità di integrare la propria dichiarazione e di correggerla, se ci sono errori a danno del fisco e questo viene definito RAVVEDIMENTO OPEROSO, una procedura attraverso la quale il contribuente integra ciò che ha già dichiarato e paga una sanzione estremamente ridotta, che corrisponde a 1/10.
Il contribuente può anche sbagliare e presentare dichiarazione che ha un imponibile maggiore rispetto a quello reale e che, quindi, comporta il pagamento di un’ imposta più alta a proprio svantaggio. In base alla legge, il contribuente ha la possibilità di rettificare la dichiarazione non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’ imposta successivo. Nel caso in cui ad una dichiarazione con cui il contribuente ha indicato un debito errato per eccesso si accompagna un versamento eccessivo, il contribuente può rimediare all’ errore commesso presentando ISTANZA DI RIMBORSO, ma nel termine previsto per tale istanza; se l’ errore riguarda la dichiarazione dei redditi, il termine per l’ istanza di rimborso è di 48 mesi dal versamento indebito. Quindi se contribuente sbaglia può agire in entrambi casi (con rettifica della dichiarazione o con istanza di rimborso), ma nel secondo caso, decorso il termine previsto dalla legge, il soggetto ha ulteriore tempo per presentare istanza di rimborso dell'imposta, quindi il contribuente non dovrà integrare o agire sulla dichiarazione presentata, ma dovrà direttamente chiedere all'amministrazione finanziaria il rimborso delle imposte che ha pagato in più.
Gli obblighi relativi alla dichiarazione sono presidiati da sanzioni amministrative e penali; ai fini delle dichiarazioni amministrative la dichiarazione può essere omessa, nulla, incompleta e infedele. Vi è omissione non solo quando la dichiarazione non è stata presentata, ma anche quando è stata presentata oltre 90 gg dalla scadenza. La legge qualifica come NULLA la dichiarazione non redatta su stampati conformi a quelli ministeriali e quella non sottoscritta o sottoscritta da persona non legittimata. Dal punto di vista dell’ accertamento la dichiarazione nulla è equiparata a quella omessa, ossia l’ amministrazione può emettere un accertamento d’ ufficio, ossia accertare con metodo sintetico il reddito delle persone fisiche e con metodo induttivo – extracontabile il reddito d’ impresa e di lavoro autonomo. La nullità, comunque, è sanabile. La dichiarazione è INFEDELE quando un reddito netto non è indicato nel suo esatto ammontare; è INCOMPLETA quando è omessa l’ indicazione di una fonte reddituale. Le due fattispecie sono trattate allo stesso modo dal punto di vista della sanzione amministrativa.La dichiarazione di cui abbiamo parlato finora riguarda l’ imposta sul reddito, ma le stesse regole riguardano anche la dichiarazione IVA, cambiano solo gli elementi inseriti e le eventuali norme che la regolano.
L'ATTIVITÀ ISTRUTTORIA E I TIPI DI CONTROLLO FORMALE E SOSTANZIALE
Ogni contribuente ha un numero di codice fiscale ed è iscritto all’ anagrafe tributaria, in cui sono raccolti su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell’ amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari. La disciplina dei poteri istruttori del fisco in materia di imposte dirette e IVA è piuttosto articolata ed è, in tali settori, sostanzialmente uniforme. Mentre l’ emanazione dell’ avviso di accertamento è una prerogativa esclusiva degli uffici dell’ agenzia delle entrate, l’ attività investigativa è svolta anche dalla guardia di finanza, che dispone degli stessi poteri di indagine degli uffici finanziari.
I controlli dell’ amministrazione finanziaria sulle dichiarazioni
1) LIQUIDAZIONE AUTOMATICA: ha per oggetto la mera liquidazione delle imposte dovute e dei rimborsi spettanti in base alle stesse dichiarazioni. Il controllo viene eseguito mediante procedure automatizzate, entro l’ inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’ anno successivo. La liquidazione è un controllo limitato sia nell’ oggetto, sia negli effetti, in quanto non è finalizzato alla rettifica del reddito, ma solo alla verifica dell’ esattezza numerica dei dati dichiarati. Se risulta che l’ importo auto liquidato dal contribuente è inferiore a quello da versare in base alla stessa dichiarazione, non viene emesso un avviso di accertamento, ma si procede direttamente alla riscossione della somma non versata. Sulla base dei dati dichiarati e dei dati tratti dall’ anagrafe tributaria, l’ amministrazione finanziaria:
1. Corregge gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti;
2. Riduce le detrazioni d’ imposta, le deduzioni e i crediti d’ imposta;
3. Controlla che i versamenti siano tempestivi e corrispondenti a quanto dichiarato.
Anche le dichiarazioni annuali IVA sono soggette ad un controllo mediante procedure automatizzate, utilizzando i dati desumibili dalle stesse dichiarazioni e in possesso dell’ anagrafe tributaria. Il risultato del controllo, se diverso da quanto dichiarato, è comunicato al contribuente, che è invitato a versare la maggior somma così liquidata; se il contribuente versa, è evitata l’ iscrizione a ruolo e la sanzione è ridotta ad 1/3;
2) CONTROLLO FORMALE: alla liquidazione può seguire un controllo formale delle dichiarazioni, a cui gli uffici dell’ agenzia delle entrate provvedono entro il 31/12 del secondo anno successivo a quello di presentazione, in base a criteri selettivi. Non vengono, quindi, controllate tutte le dichiarazioni in quanto questo tipo di controllo non è automatico e riguarda solo alcune voci della dichiarazione, che devono essere giustificate con appositi documenti. In sede di controllo formale, infatti, il contribuente è invitato a fornire chiarimenti in ordine ad alcuni elementi della dichiarazione, trasmettere i documenti che li giustificano o a esibire le ricevute dei versamenti. Il controllo formale si differenzia dalla liquidazione perché non riguarda solo la dichiarazione, ma anche i documenti che devono corredare. L’ esito di questo controllo è comunicato al contribuente, con l’ indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili o di altri dati dichiarati, anche per consentire al contribuente di segnalare all’ ufficio dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale.
Si ha, quindi, un doppio esame della dichiarazione, ciascuno dei quali ha come esito una comunicazione al contribuente; entrambe, però, sono attività distinte dall’ accertamento e dalla riscossione; tali attività, infatti, sono dirette alla determinazione del debito d’ imposta derivante dal reddito dichiarato e, se ad esse non segue l’ esatto adempimento da parte del contribuente, l’ amministrazione provvede ad iscrivere a ruolo le somme dovute.
Poteri generali istruttori: inviti, richieste e indagini bancarie
INVITI E RICHIESTE: essi consistono nel controllo sostanziale delle dichiarazioni, che è svolto dagli uffici dell’ agenzia delle entrate e dalla guardia di finanza. Per controllare la posizione fiscale di un contribuente, l’ ufficio può invitarlo a comparire di persona per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’ accertamento nei suoi confronti; l’ ufficio può invitare il contribuente anche ad esibire o trasmettere atti e documenti o scritture contabili per i soggetti obbligati a tenerle. L’ ufficio può anche inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’ accertamento nei loro confronti. Gli elementi possono essere richiesti sia al contribuenti sia a terzi che sono in collegamento con il contribuente e sono obbligati a tenere scritture contabili( enti pubblici clienti banche notai); INDAGINI BANCARIE: per il fisco il segreto bancario non esiste, ma ciò non significa che le indagini bancarie non siano soggetti a limiti. Le indagini bancarie possono essere svolte in via amministrativa dall’ agenzia delle entrate e dalla guardia di finanza, che può eseguirle anche in veste di polizia giudiziaria secondo le norme del codice di procedura penale. Per svolgere le indagini bancarie gli uffici dell’ agenzia delle entrate devono essere autorizzati dalla direzione regionale, mentre la guardia di finanza deve essere autorizzata dal comandante di zona, ma la mancanza di autorizzazione non rende inutilizzabili i dati acquisiti. Le banche devono comunicare all’ anagrafe tributaria il nome dei loro clienti e la natura dei rapporti intrattenuti; uffici e guardia di finanza svolgono le indagini richiedendo alle banche dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto con i loro clienti e alle garanzie prestate da terzi.
Se la banca non risponde tempestivamente, gli uffici delle imposte hanno la facoltà di disporre l’ accesso di propri impiegati presso le banche per rilevare direttamente i dati e le notizie; la banca deve dare immediatamente notizia al contribuente delle richieste ricevute. La norma che regola le indagini bancarie prevede una presunzione legale relativa, ovvero nel momento in cui l'amministrazione finanziaria riscontra delle uscite finanziarie dai conti correnti a cui non corrispondono nelle scritture contabili, quelle uscite finanziarie sono considerate ricavi per il soggetto obbligato a tenere scritture contabili, cosi come sono considerati ricavi non dichiarati tutte le entrate che risultano dai cc ma non risultano dalle scritture contabili; allo stesso modo, sei nei cc ci sono dell'entrate che non figurano nelle scritture esse rappresentano inevitabilmente per presunzione dei maggiori ricavi che il cliente non ha fatturato e registrato, ed esse vanno ad aumentare la base imponibile che l'amministrazione finanziaria accerterà con un atto impositivo alla fine della propria fase istruttoria.
Contemporaneamente se invece risultano dai cc delle uscite non contabilizzate, quindi dei costi sostenuti a cui non corrispondono fatture d'acquisto e non corrispondono nelle scritture contabili, quei costi si ritiene che siano stati sostenuti per legge a fronte di ricavi non contabilizzati. Queste, però, sono presunzioni legali relative poichè il contribuente ha la possibilità di dimostrare il contrario. L'amministrazione finanziaria, però, a fronte della possibilità di imputare al contribuente dei ricavi in nero può chiamare in contraddittorio il contribuente per conoscere l'ammontare dei costi eventualmente in nero che vanno dedotti da quei ricavi presunti; questo permette all'amministrazione finanziaria di venire a conoscenza dell'effettiva quantità di reddito corrispondente a quei movimenti finanziari non dichiarati. Tutto ciò, però, ha tempi limitati per due ragioni:
1. esigenza sancita dallo statuto del contribuente di ridurre i tempi di ispezione dell'amministrazione finanziaria nell'ambito degli istituti di credito, per evitare di intralciare l'operatività dell'istituto stesso;
2. legislatore tutela il contribuente al fine di evitare che vi sia un eccesso di agire da parte dell'amministrazione finanziaria in relazione ai rapporti tenuti con le banche.
Poteri straordinari istruttori: accessi, ispezioni e verifiche
La forma principale di controllo dei contribuenti è la VERIFICA che consiste in una serie di operazioni che iniziano con l’ accesso in un luogo, seguito da ispezioni documentali e da altri controlli e si conclude con la redazione di un processo verbale di constatazione; il controllo delle imprese di rilevanti dimensioni è effettuato periodicamente. L’ art. 14 cost dispone che il domicilio è inviolabile, ma ammette che vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni e sequestri nei casi e nei modi stabiliti dalla legge; è prevista, inoltre, una riserva di legge che prevede che gli accertamenti e i controlli sono ammessi per fini fiscali, ma devono essere regolati da leggi speciali. Il legislatore ha ritenuto che la tutela costituzionale del domicilio, però, non riguardasse i locali destinati all’ esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali; per accedere in tali locali, non si chiede l’ autorizzazione dell’ autorità giudiziaria, ma quella del capo dell’ ufficio o del comandante di zona, con provvedimento che ne indica lo scopo. Per l’ accesso nelle abitazioni, invece, è necessaria l’ autorizzazione del capo dell’ ufficio dell’ agenzia o del comandante di zona della guardia di finanza e anche quella del procuratore della repubblica, che può essere concessa, con atto motivato, solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali e allo scopo di reperire prove a tali violazioni. L’ autorizzazione del procuratore della repubblica è necessaria anche per procedere a perquisizioni personali e all’ apertura coattiva di sigilli, casseforti, ecc.; l’ atto del procuratore della repubblica deve essere motivato. Quando inizia la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’ hanno giustificata e dell’ oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un avvocato e dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. Gli accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all’ esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono durante l’ orario ordinario di esercizio dell’ attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse. Su richiesta del contribuente l’ esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta. Nel corso della verifica vengono eseguite ispezioni documentali sui documenti che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta non è obbligatoria. La permanenza degli operatori dell’ amministrazione finanziaria a causa di verifiche non può superare i 30 gg lavorativi di effettiva presenza, prorogabili per ulteriori 30 gg nei casi di particolare complessità dell’ indagine; nelle imprese a contabilità semplificata e dai lavoratori autonomi il periodo di permanenza non può essere superiore a 15 gg. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente decorso tale periodo per specifiche ragioni ma solo con l’ assenso motivato del dirigente dell’ ufficio; il contribuente, nel caso in cui ritenga che i verificatori non stiano procedendo nel modo previsto dalla legge, possono rivolgersi al garante del contribuente. La descrizione dettagliata delle operazioni compiute viene effettuata nel processo verbale di verifica, redatto giornalmente; in esso deve essere riportato tutto ciò che è avvenuto durante l’ ispezione.
Infine viene redatto un processo verbale di constatazione che sintetizza i dati rilevati. . L'amministrazione finanziaria, finito il verbale, lo presenta al contribuente che deve sottoscrivere, in modo da prendere atto di quello che l'amministrazione finanziaria ha fatto durante quel periodo di accesso e ispezione e deve prendere atto degli elementi che l'amministrazione ha rilevato; se il contribuente non lo sottoscrive entro 60 gg può presentare le proprie obiezioni in relazione a quelle che sono le azioni dell'amministrazione finanziaria. Se il contribuente non sottoscrive il processo verbale e non presenta le controdeduzioni esso non potrà più utilizzarlo davanti al giudice tributario nel momento in cui l'amministrazione finanziaria emetterà un atto impositivo di accertamento; la mancata sottoscrizione è, quindi, un elemento penalizzante per il contribuente nella fase successiva. Se il contribuente sottoscrive e presenta le controdeduzioni esso potrà utilizzarlo davanti al giudice tributario, con il vantaggio di ricevere sconti e rateizzazioni della multa da pagare. Il contribuente può anche sottoscrivere il processo verbale e chiedere direttamente un accertamento con adesione.
Gli obblighi di collaborazione del contribuente
Nel corso dell’ attività istruttoria il contribuente è tenuto a collaborare; quando il contribuente rifiuta la collaborazione il contribuente non può difendersi utilizzando i documenti che non ha fornito all'amministrazione finanziaria in risposta agli inviti dell’ amministrazione stessa.
Dalla fase di istruttoria possono derivare varie ipotesi:
a) Può accadere che l'amministrazione finanziaria in fase istruttoria non riscontri dei comportamenti il#legittimi da parte del contribuente: ciò comporta la chiusura del procedimento;
b) può accadere che al termine della fase istruttoria il contribuente chieda di aderire o faccia addirittura di accertamento con adesione;
c) può accadere che l'amministrazione finanziaria emani un proprio atto impositivo,ovvero un atto di accertamento che il contribuente può impugnare e contestare davanti ad un giudice terzo che decidere quale delle due parti ha ragione o torto;
d) può accadere che l'amministrazione notifichi un atto e il contribuente decida di accettare e pagare eventualmente il dovuto.
L’ atto conclusivo del procedimento amministrativo di applicazione delle imposte è un provvedimento denominato AVVISO DI ACCERTAMENTO, il quale ha effetti sfavorevoli per il destinatario. I provvedimento amministrativi sono generalmente discrezionali, ossia sono frutto di una scelta fra interessi diversi, ma in questo caso abbiamo un provvedimento che è espressione di una funzione vincolata. Le leggi tributarie, infatti, disciplinano dettagliatamente i presupposti, la misura, i soggetti passivi dell’ obbligazione tributaria e il contribuente deve auto liquidare il tributo come imposto dalla legge; se il contribuente omette la dichiarazione o non dichiara quanto dovuto, l’ amministrazione finanziaria deve agire, determinando autoritariamente il debito d’ imposta. All’ ufficio, quindi, non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali perché è tutto predeterminato per legge e questo fa sì che nell’ avviso di accertamento l’ amministrazione finanziaria non possa commettere nessun vizio di eccesso di potere.
Contenuto
Nel contenuto dell’ avviso di accertamento possiamo distinguere 2 parti:
DISPOSITIVO: questa parte contiene la base imponibile e l’ obbligazione tributaria. L’ avviso di accertamento, infatti, deve contenere l’ indicazione dell’ imponibile, delle aliquote accertate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute d’ acconto e dei crediti d’ imposta. Non tutti gli avvisi di accertamento, però, contengono le detrazioni, i crediti d’ imposta e le ritenute; vi possono essere anche avvisi senza imposta, ossia che non contengono l’ imposta dovuta(es. accertamento dei redditi delle società di persone). Nell’ IVA l’ accertamento si differenzia perché può contenere non solo una nuova determinazione dell’ imposta dovuta ma anche una nuova determinazione dell’ imposta detraibile o rimborsabile;
MOTIVAZIONE: questa parte contiene l’ indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per cui è stato emanato l’ avviso. L’ avviso di accertamento, infatti, come tutti gli altri atti dell’ amministrazione finanziaria deve essere motivato e questo obbligo è stabilito anche nello statuto dei diritti del contribuente; oltre ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche dell’ atto, l’ avviso deve anche contenere il distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni o detrazioni. Se prima dell’ emanazione dell’ avviso di accertamento il contribuente interviene nel procedimento esponendo le sue ragioni, sorge l’ obbligo di MOTIVAZIONE RAFFORZATA, cioè contenente l’ esame delle deduzioni del contribuente.Oltre che contenere l’ imposta e le motivazioni dell’ atto, solitamente gli avvisi di accertamento contengono anche le sanzioni collegate al tributo, che devono essere applicate senza previa contestazione e a conclusione del procedimento di accertamento del tributo, con atto contestuale all’ avviso di accertamento, motivato a pena di nullità. Gli avvisi di accertamento possono essere emessi in base ad altri atti richiamati nell’ avviso e lo statuto prevede che se la motivazione degli atti dell’ amministrazione finanziaria è fatto riferimento ad un altro atto, l’ atto richiamato deve essere allegato.
Notificazione e decadenza
La notificazione dell’ avviso di accertamento non è soltanto una particolare procedura con cui tale atto viene portato a conoscenza del destinatario, ma la modalità con cui l’ avviso di accertamento viene ad esistenza. Gli atti tributari sono notificati secondo le norme del codice di procedura civile che disciplinano la notificazione degli atti processuali con alcune differenze:
1. La notificazione degli atti processuali è eseguita dagli atti giudiziari, mentre la notificazione degli atti tributari è eseguita dai messi comunali o da messi specializzati dell’ agenzia delle entrate;
2. Il messo deve far sottoscrivere l’ atto al consegnatario;
3. Se il consegnatario non è il destinatario dell’ atto, il messo deposita la copia dell’ atto in busta sigillata, sulla quale non devono esserci segni dai quali possa desumersi il contenuto dell’ atto.
4. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’ avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata;
5. La notificazione degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
6. La notificazione deve essere fatta nel comune di domicilio fiscale del destinatario, salvo consegna in mani proprie;La notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’ atto è ricevuto. In generale, la notifica deve considerarsi avvenuta, per il notificante, con il compimento delle formalità che non sfuggono alla sua disponibilità, mentre per il contribuente il perfezionamento della notifica avviene con la ricezione dell’ atto e da tale data decorre il termine per impugnare. Il comune di domicilio fiscale ha un particolare rilievo ai finidelle notifiche e il legislatore presuppone che il contribuente abbia sempre un domicilio fiscale nel quale la notifica deve essere eseguita; se nel comune di domicilio fiscale non vi è luogo presso cui la notifica può essere fatta validamente, essa è eseguita con la procedura prevista per gli irreperibili, ossia il messo deposita l’ atto presso la casa del comune, affigge un avviso del deposito presso l’ albo del comune e ne dà notizia al destinatario con raccomandata. Per le imposte dirette il domicilio è nel comune in cui è prodotto il reddito; per le altre imposte nel comune in cui si verifica il presupposto. La notificazione deve essere effettuata entro un termine previsto a pena di decadenza; l’ atto notificato dopo la scadenza del termine è nullo in senso proprio, in quanto affetto da carenza di potere, ma la giurisprudenza lo considera annullabile.
Questo termine è:
Per le imposte sui redditi e l'IVA: 31/12 del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione o dichiarazione nulla, il termine scade il 31/12 del 5° anno;
In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia per i reati tributari, i termini si raddoppiano (8° e 10° anno).Poiché l’ atto di imposizione viene ad esistenza attraverso la notificazione, i vizi di notificazione sono vizi che attengono alla formazione dell’ atto; la giurisprudenza applica anche alla notificazione dell’ avviso di accertamento le norme sulla sanatoria delle modifiche invalide degli atti processuali e ritiene che il ricorso contro l’ avviso sani i vizi di notificazione per raggiungimento dello scopo. Non possono essere sanate le notificazioni da considerare giuridicamente inesistenti.
Definizioni consensuali dell’ avviso di accertamento
Il contribuente, al quale sia notificato un avviso di accertamento, ha diverse alternative:
1. Può presentare ISTANZA DI ACCERTAMENTO CON ADESIONE, la quale sospende il termine per impugnare per 90 gg e comporta un ridimensionamento del tributo e la riduzione di sanzioni ad 1/3. L’ avviso di accertamento notificato perde efficacia quando si perfeziona l’ accertamento con adesione;
2. Può DEFINIRE LE SANZIONI e impugnare l’ avviso di accertamento nella parte riguardante il tributo. Se l’ avviso è impugnato, è ancora possibile una soluzione concordata mediante conciliazione. Se il processo giunge al suo epilogo naturale e il ricorso è accolto, l’ atto cessa di esistere perché è annullato; se il ricorso è respinto con sentenza definitiva, l’ atto sopravvive al processo come atto definitivo;
3. Può, nel termine di 60 gg dalla notifica, impugnare l’ avviso di accertamento davanti alle commissioni tributarie o decidere di non impugnare. Se non impugna e non presenta istanza di accertamento con adesione, le sanzioni sono ridotte a 1/3, ma occorre che le somme siano pagate prima che scada il termine per proporre ricorso.
L’ accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche
Il primo accertamento preso in considerazione dal legislatore è l'accertamento del reddito ai fini irpef, dichiarato dal contribuente che ha accertato in misura superiore rispetto al dichiarato. Quando l'amministrazione finanziaria, esercitati i propri poteri istruttori, determina un reddito superiore rispetto a quello dichiarato ha due strade alternative indicate dell'art 38:accertamento sintetico e analitico.
ACCERTAMENTO ANALITICO: esso ricostruisce l’ imponibile considerandone le singole componenti ed è effettuato solo quando sono note le fonti dei redditi e si perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti e categorie; deve perciò essere motivato con riferimento analitico ai redditi delle varie categorie. All’ accertamento di un maggior reddito l’ ufficio può pervenire anche mediante presunzioni semplici o legali. Tramite il metodo analitico, quindi, l'amministrazione finanziaria ridetermina il reddito seguendo i passi che il contribuente ha fatto per determinare il reddito ossia analiticamente, categoria per categoria, sulla base di elementi raccolti certi o anche presuntivi ,ma che siano fondati su altri elementi gravi, precisi e concordati. Tuttavia se il reddito che è fondatamente attribuibile a quel soggetto si discosta per almeno 1/4 dal reddito dichiarato e per almeno 2 periodi d'imposta consecutivi, allora l'amministrazione può applicare direttamente l'accertamento sintetico del reddito.
ACCERTAMENTO SINTETICO: esso deduce il reddito complessivo delle spese sostenute dal contribuente.
Questo tipo di accertamento ha per oggetto fonti reddituali e redditi appartenenti a specifiche categorie; la determinazione del reddito complessivo è quindi la somma dei redditi appartenenti a specifiche categorie.
L’ accertamento sintetico ha come punto di partenza le spese, dalle quali viene ridotto il reddito complessivo. L’ ufficio può operare direttamente il confronto tra reddito complessivo netto dichiarato dal contribuente e reddito complessivo netto accertabile in via sintetica. L' amministrazione finanziaria, quindi, non si basa più su elementi di fatto certi, sulle prove raccolte e sugli elementi gravi precisi e concordanti, ma si basa su degli indicatori e su delle presunzioni che derivano dalla spesa sostenuta dal contribuente. L’ accertamento sintetico ha come base le spese e, in particolare, 3 tipi di spese:
1) SPESA GLOBALE: ossia il tenore di vita. L’ accertamento in base alla spesa globale implica il calcolo di tutto ciò che il contribuente ha speso in un periodo d’ imposta. Se l’ insieme delle spese sostenute è superiore al reddito netto dichiarato, si presume che la differenza sia reddito imponibile non dichiarato. Possono essere considerate in questo calcolo le spese presuntivamente sostenute per i bisogni ordinari, per spese voluttuarie, per l’ acquisto di beni durevoli; a ciò si può aggiungere la cosiddetta QUOTA RISPARMIO, ossia la somma presuntivamente accantonata. Il reddito complessivo prodotto è considerato pari alla somma di quanto speso e della quota risparmio. Questa è l’ ipotesi meno utilizzata in assoluto;
2) SPESE PER INVESTIMENTI: se durante un periodo d'imposta un contribuente effettua spese per incrementi patrimoniali, ossia un investimento in immobili o titoli, quell'investimento deve essere giustificabile attraverso il reddito dichiarato in quel periodo d'imposta e nei cinque precedenti, a meno che non ci sia da parte del contribuente la possibilità di aver avuto finanziamento da parte di terzi. Inoltre si dovrà considerare la quota risparmio presuntivamente accantonata negli anni che precedono l’ investimento;
3) SPESE CONSIDERATE DAL REDDITOMETRO: il redditometro è un decreto ministeriale che individua degli elementi indicativi di capacità contributiva (beni e servizi) e fissa dei coefficienti in base ai quali calcolare il reddito complessivo utilizzando gli elementi indicati dal redditometro. Se è applicato il redditometro, il reddito è quantificato usando i coefficienti ivi stabiliti. L’ ufficio, quindi, deve accertare l’ esistenza dei fatti indice, ma non ha l’ onere di fornire la prova che da quei fatti indice è desumibile la quantità di reddito applicando il redditometro
L’ accertamento del reddito complessivo dei soggetti obbligati a tenere le scritture contabili
All’ art. 39 e succ. il legislatore prende in considerazione i metodi di accertamento relativi ai soggetti obbligati a tenere le scritture contabili (lavoratori autonomi, persone fisiche, società di persone e persone giuridiche, dove gli ultimi 3 sono considerati imprenditori commerciali). Il legislatore suddivide anche questo articolo in due parti, la prima in cui si parla dell’ ACCERTAMENTO ANALITICO DEI REDDITI DI IMPRESE E LAVORATORI AUTONOMI e la seconda in cui si parla dell’ ACCERTAMENTO INDUTTIVO EXTRACONTABILE DEI REDDITI DEI SOGGETTI OBBLIGATI A TENERE SCRITTURE CONTABILI.
ACCERTAMENTO ANALITICO- CONTABILE: l’ accertamento analitico contabile dei redditi d’ impresa è effettuato determinando o rettificando, anche in base a presunzioni, singole componenti, attive o passive, del reddito; esso presuppone che la contabilità, nel suo complesso, sia attendibile e che se ne determinino o rettificano singole componenti, ecco perché è chiamato in questo modo. Le ipotesi di rettifica analitico contabile sono 4
1. Si riscontra la violazione di una norma in materia di reddito d’ impresa, che può comportare variazioni del reddito fiscale rispetto all’ utile civilistico (es. quote di ammortamento dedotte in maniera superiore a quella ammessa);
2. Si riscontra che non vi è corrispondenza tra dichiarazione e bilancio;
3. Si riscontrano altre prove documentali da cui risultano in modo certo e diretto gli elementi probatori che determinano la rettifica;
4. ACCERTAMENTO ANALITICO- INDUTTIVO: è basato su presunzioni. L’ articolo prevede che possa essere affermata l’ esistenza di attività non dichiarate o l’ inesistenza di passività dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Questo tipo di accertamento può essere fondato anche sull’ esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati a quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore. Quando non è possibile fare affidamento sulla contabilità per l’ accertamento del reddito delle imprese minori, la cui contabilità è molto scarsa, il legislatore ha previsto la possibilità di utilizzare ACCERTAMENTI STANDARDIZZATI MEDIANTE STUDI DI SETTORE, che sono una particolare tipologia di accertamenti induttivi che possono essere applicati non solo alle imprese minori, ma a tutti. Gli studi di settore sono atti amministrativi di organizzazione, che sono utilizzabili dall’ amministrazione finanziaria in tutti i casi in cui essa procede attraverso un accertamento analitico induttivo, cioè un accertamento analitico che però utilizza anche la presunzione e che riguardano innanzitutto le imprese in contabilità semplificata.L’ accertamento che deriva dagli studi di settore, infatti, può essere effettuato solo dopo aver verificato in concreto la sussistenza di indizi di maggior reddito, che siano gravi, precisi e concordanti; è poi onere del contribuente dimostrare le circostanze per le quali i ricavi o compensi presunti non sono stati effettivamente conseguiti. I responsabili dei CAF delle imprese possono rilasciare, su richiesta dei contribuenti, un VISTO PESANTE, il quale attesta che gli elementi contabili ed extracontabili comunicati all’ amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei redditi, corrispondono alla contabilità e alla documentazione dell’ impresa; il visto implica anche che l’ attestazione dei ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili sulla base degli studi di settore. Il visto, inoltre, produce 2 effetti:
1. Le dichiarazioni accompagnate dal visto non possono essere rettificate con metodo
induttivo, ma in base agli studi di settore entro la fine del 3° anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione;
2. In caso di rettifica, il ricorso impedisce la riscossione fino alla sentenza di 1° grado.
ACCERTAMENTO INDUTTIVO- EXTRACONTABILE: si adotta quando la contabilità è complessivamente inattendibile o si verificano altre circostanze che possono legittimare un accertamento induttivo. L’ ufficio può utilizzare questo accertamento nei 4 casi previsti espressamente dalla legge:
1) Quando il reddito d’ impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
2) Quando mancano le scritture contabili o sono state sottratte all’ ispezione ai fini fiscali;
3) Quando le scritture contabili sono inattendibili e non sistematiche;
4) Quando il contribuente non ha risposto all’ invito di trasmettere documenti o non ha risposto al questionario.
In presenza di queste situazioni, l’ ufficio ha 3 facoltà:
Può avvalersi dei dati e delle notizie comunque raccolti;
Può prescindere in tutto o in parte da ciò che risulta dal bilancio e dalle scritture contabili;
Può avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Nell’ iter che l’ ufficio deve seguire deve dare prima un giudizio di inattendibilità della contabilità, solo in base a prove circostanziate e concrete circa le irregolarità contabili, riferibili al singolo contribuente, e poi deve dare un giudizio di stima del reddito, utilizzando dati ed elementi comunque raccolti e presunzioni prive dei 3 requisiti; solo dando il secondo giudizio, quindi, l’ ufficio può utilizzare dati astratti non riferibili al singolo contribuente
ACCERTAMENTO PARZIALE: è previsto dall’ ordinamento e si caratterizza per il fatto che è un tipo accertamento che deriva da segnalazioni di soggetti di diritto pubblico che riguardano un oggetto preciso che può essere o un reddito non dichiarato o una parte di reddito non dichiarato o una agevolazione, esenzione, deduzione non spettante. Di fatto succede che attraverso la segnalazione di soggetti come guardia di finanza, pubbliche anagrafi tributarie o centro informatico delle imposte, l’ amministrazione finanziaria viene a conoscenza del fatto che un contribuente ha dichiarato ricavi inferiori, redditi inferiori, deduzioni , agevolazioni ed esenzioni non spettanti rispetto a quello dichiarato (tutto questo può essere scoperto attraverso dei controlli incrociati da parte della guardia di finanza). L’ accertamento parziale comporta innanzitutto l’ applicazione di un metodo analitico di accertamento, in quanto stiamo parlando di maggiori redditi, maggiori ricavi, minori costi, minori esenzioni; questa determinazione parziale del reddito, poi, consente all’ amministrazione finanziaria di reiterare l’ atto, cioè di utilizzare, anche in momenti successivi, altri elementi o segnalazioni che possono riguardare quel soggetto. L’ amministrazione, quindi, prima di tutto rileva le segnalazioni effettuate dalla guardia di finanza riguardo al soggetto; se, poi, in un momento successivo, emerge che, per quel soggetto ci sono ricavi maggiori o costi minori, allora si può emanare un altro atto di accertamento parziale di modo che, in relazione a quell’ obbligazione tributaria di periodo, invece che avere un unico atto di accertamento globale, come richiederebbe il principio generale, abbiamo la possibilità che ci siano più accertamenti parziali. Questo, però, è possibile solo se vi è una segnalazione da parte di quei soggetti determinati. L’ accertamento parziale, infine, non richiede la collaborazione del comune.
ACCERTAMENTO INTEGRATIVO: il legislatore prevede che se è stato emanato un accertamento riguardante un’ obbligazione e in un secondo momento giungono all’ amministrazione finanziaria elementi nuovi non presi in considerazione precedentemente, allora l’ amministrazione finanziaria può, entro i termini di decadenza previsti dall’ atto di accertamento, emanare degli accertamenti integrativi, che sono possibili se e solo se emergono dei fatti nuovi che non erano a disposizione dell’ amministrazione finanziaria. La differenza con l’ accertamento parziale è che in quello parziale non vi è nessun atto di accertamento emanato dall’ amministrazione finanziaria, ma solo accertamenti parziali derivanti da segnalazioni, a cui ne possono seguire altri, mentre nell’ accertamento integrativo si è già emanato un atto di accertamento globale relativo all’ obbligazione di un periodo d’ imposta, ma in un momento successivo giungono a conoscenza dell’ amministrazione finanziaria degli elementi nuovi che prima non aveva e sulla base di quegli elementi l’ amministrazione può integrare quell’ atto di accertamento con un ulteriore atto, che va ad integrare quello precedente, sempre se l’ amministrazione è in grado di dimostrare che quegli elementi non erano a sua conoscenza al momento dell’ emanazione del primo atto di accertamento.
In tutti gli altri casi il legislatore non consente all’ amministrazione finanziaria di sommare atti di accertamento in relazione alla medesima obbligazione tributaria.
L’ accertamento con adesione
È un tipo di accertamento che si discosta da tutti gli altri tipi di accertamento perché è un tipo di accertamento in cui è previsto il contraddittorio tra le due parti ed è prevista l’ adesione o la sottoscrizione dell’ atto di accertamento da parte del contribuente. La natura di questo atto è molto discussa, nel senso che alcuni lo ritengono un contratto e quindi un accordo fra le due parti, mentre altri lo ritengono un atto amministrativo in tutto e per tutto, in quanto non ha alcuna caratteristica contrattuale; tuttavia si può dire con certezza che questo è un atto pubblico e non un contratto, in quanto non è disponibile in alcun modo. È un atto autoritativo, in quanto l’ amministrazione finanziaria, attraverso questo atto, esercita la propria potestà impositiva, cioè impone, attraverso questo atto, al contribuente il pagamento dell’ obbligazione tributaria. Perciò da un lato vi è il potere di imposizione, che caratterizza tutti gli atti di accertamento, ma dall’ altro vi è un’ anomalia rispetto agli altri atti, che è rappresentata dall’ adesione e dalla sottoscrizione del contribuente. Indipendentemente dalla natura di quest’ atto, che comunque è un atto di diritto pubblico e un atto impositivo, si deve dire che a questo tipo di accertamento si perviene con possibilità diverse, in quanto questo può essere proposto dal contribuente:
a) In sede di esercizio da parte dell’ amministrazione finanziaria dei suoi poteri istruttori, e quindi in sede di verifica e controllo;
b) Dopo che l’ amministrazione finanziaria ha elaborato l’ atto di accertamento.
Anche l’ amministrazione finanziaria può chiedere al contribuente che venga stipulato un accertamento con adesione, ma lo può fare solo prima di aver emanato l’ atto di accertamento. L’ iniziativa, quindi, può essere sia dell’ amministrazione finanziaria, sia del contribuente e può essere in varie fasi del procedimento (sia prima che dopo l’ emanazione dell’ atto di accertamento); è chiaro che se la proposta avviene dopo l’ emanazione dell’ atto di accertamento, in quel caso si allungano i termini del contribuente per fare ricorso, cioè, quando il contribuente propone l’ adesione, si sospende per 90 giorni il termine per impugnare quell’ atto dell’ amministrazione finanziaria. La proposta di adesione da parte di una delle due parti comporta che le due parti si confrontino su quello che è l’ oggetto dell’ accertamento e ognuna delle due parti dovrà fornire all’ altra parte gli elementi e le ragioni in base alle quali ritiene eccessiva la pretesa dell’ amministrazione finanziaria o del contribuente, a seconda di chi fa la proposta. In questo contraddittorio il contribuente non può pretendere di avere sconti o riduzioni ingiustificatamente, in quanto entrambe le parti devono applicare ciò che è previsto dal TUIR; può accadere, però, che vi siano differenze di interpretazione su determinate norme e quindi possa esserci una discussione riguardo la discrezionalità tecnica che l’ amministrazione finanziaria ha nell’ applicare determinati criteri di valutazione piuttosto che altri L’ adesione non riguarda solamente l’ imposta reddituale, ma anche tutte le altre imposte che potrebbero derivare dal presupposto dell’ imposta reddituale. Quello che si ottiene attraverso questo tipo di accertamento è un’ estrema riduzione della sanzione ad un ¼ del minimo della sanzione e anche alcuni vantaggi per l’ amministrazione finanziaria, quali:
1. con la sottoscrizione e il pagamento dell’ imposta il contribuente non può più impugnare l’ atto di accertamento;
2. Minori sanzioni per il contribuente e possibilità di rateizzare il pagamento;
3. Minore litigiosità tra le parti, la quale è un grande problema del diritto tributario;
4. L’ amministrazione finanziaria non fa più accertamenti a quel contribuente per quell’ obbligazione tributaria. Lo può fare solo quando si trova di fronte ad elementi che portano ad un’ elevata evasione.
Questo tipo di accertamento ha lo stesso contenuto dell’ accertamento normale, ma esso non è notificato al contribuente, perché è un atto dell’ ufficio sottoscritto anche dal contribuente.
L’ accertamento d’ ufficio
Vi è un principio generale molto importante riguardo all’ accertamento ed è quello che l’ amministrazione finanziaria dovrebbe sempre cercare di applicare un metodo di accertamento analitico e questo è evidente nell’ accertamento d’ ufficio, un metodo di accertamento che l’ amministrazione finanziaria applica nei casi in cui la dichiarazione del contribuente è omessa oppure nulla. La norma che tratta di questo tipo di accertamento dice che, nel caso in cui il contribuente non emette la sua dichiarazione, l’ amministrazione finanziaria ha diritto di verificare la possibilità di applicare l’ accertamento analitico; dopodiché, se non vi sono gli elementi per applicare questo tipo di accertamento l’ amministrazione applica l’ accertamento sintetico del reddito. Da qui si capisce che il principio generale prevede che l’ amministrazione finanziaria deve applicare, ove possibile, l’ accertamento analitico, in modo che sia sempre lei a dover fornire l’ onere della prova, senza possibilità di inversione; tuttavia, in tutti gli altri casi ove ciò non è applicabile, si deve applicare quello sintetico. L’ accertamento d’ ufficio, quindi, pur essendo un ulteriore metodo di accertamento, altro non è che l’ applicazione dei metodi di accertamento dell’ art. 38, con l’ avvertenza di considerare che in quella situazione l’ amministrazione finanziaria può determinare il reddito dei contribuenti sulla base di presunzioni semplici e anche semplicissime e quindi senza i requisiti di gravità, precisione e concordanza e anche senza il redditometro. Questo tipo di accertamento ha un termine di decadenza superiore rispetto agli altri accertamenti, cioè entro il 5° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione da parte del contribuente.
. Con tale diritto, il contribuente chiede all'amministrazione finanziaria prima ancora di porre in essere la propria dichiarazione (e quindi stabilire la sanzione da pagare) chiarimenti in merito all'interpretazione di una norma specifica che deve applicare ad un suo caso, laddove quel contribuente si trovi di fronte ad un caso non così facilmente risolvibile. Il contribuente può quindi chiedere in via preventiva come applicare le norme: l'amministrazione ha 120 giorni di tempo per rispondere e se non lo fa il silenzio vale come silenzio assenso. Se il contribuente applica l'interpretazione fornita dall'amministrazione finanziaria, sempre per i principi di buona fede e correttezza l'amministrazione finanziaria non potrà più utilizzare interpretazioni diverse per emanare atti di accertamento rispetto a quello specifico caso e a quel contribuente; questo non vale per la generalità dei contribuenti che si troveranno in quella situazione.Ci sono quindi situazioni in cui il contribuente può preventivamente ottenere un parere dall'amministrazione a cui uniformarsi, parere al quale, naturalmente, l'amministrazione finanziaria dovrà poi attenersi in modo obbligatorio. Questo non vale per il contribuente, il quale, invece, potrà anche decidere di continuare a dare alla norma l'interpretazione che aveva sostenuto, nonostante il parere contrario dell'amministrazione finanziaria, sapendo di incorrere nel rischio probabile di un accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria, ma ciò non toglie che il contribuente può proseguire per la propria strada e a quel punto naturalmente può rimettere al giudice la decisione impugnando l'atto di accertamento che gli arriverà. L'interpello è uno degli istituti più recenti attraverso il quale il legislatore ha iniziato ad aprire verso la collaborazione fisco contribuente; quindi autotutela, interpello, accertamento con adesione e conciliazione giudiziaria, tutti istituti che vanno in questo senso.La CONCILIAZIONE GIUDIZIARIA è lo stesso concetto, ma in relazione al processo tributario, cioè, anche quando il contribuente impugna l'atto e il giudizio è pendente, può accadere che ci sia un accordo tra le due parti; così come succede nell'accertamento con adesione, questo può accadere nella fase successiva su invito del giudice o su richiesta delle due parti.
La riscossione è disciplinata dal dpr 206, il quale prevede tre modalità:
1) Ritenuta diretta
2) Versamenti diretti del contribuente all’agente della riscossione e alla tesoreria provinciale dello
stato
3) Iscrizione nei ruoli.
Fino a settembre 2006, vi era una netta distinzione tra chi accerta e chi riscuote il tributo; l’1 ottobre 2006 è invece stato soppresso il sistema di affidamento in concessione ai privati e le funzioni di riscossione sono state pubblicizzate, essendo state affidate a una società comune tra INPS e agenzia delle entrate: equitalia spa. Le funzioni di questa società riguardano, in sintesi, l’incasso delle somme pagate mediante versamento diretto e quelle iscritte a ruolo, la gestione del conto fiscale e i relativi rimborsi, l’esecuzione forzata, i rimborsi.
I contribuenti sono obbligati per legge a provvedere di propria iniziativa al pagamento delle imposte (c.d. autotassazione) e l’amministrazione finanziaria deve controllare tali adempimenti e formare atti diretti a provocare il pagamento. Abbiamo così una distinzione fondamentale tra:
1. Riscossione “spontanea”, che consta dei pagamenti che i contribuenti sono tenuti a eseguire di propria iniziativa, in adempimento di obblighi previsti dalla legge (i c.d. versamenti diretti).
2. Riscossione in base ad atti emessi dall’amministrazione finanziaria.
L’adempimento avviene in forme tipiche:
il contribuente non può liberarsi, né l’ente impositore può riscuotere in forme diverse da quelle stabilite dalla legge.
1) RITENUTE DIRETTE
Sono operate dalle amministrazioni pubbliche. Si tratta di ritenute simili a quelle cui sono tenuti i sostituti e sono dette dirette perché fatte dallo stesso creditore (assumendo che amministrazione finanziaria e amministrazione statale che effettua la ritenuta siano articolazioni di un medesimo soggetto, lo Stato, avente unica personalità giuridica). Si parla di queste tutte le volte in cui i pagamenti avvengono come una sorta di giroconto (lo Stato le subisce ma le riscuote anche). Tali sono eseguite, a seconda dei casi, a titolo d’acconto o a titolo d’imposta.
2) VERSAMENTI DIRETTI
Tale è la forma di riscossione più importante dal punto di vista del gettito. Si tratta del pagamento di somme effettuato dal contribuente in esecuzione di un obbligo stabilito dalla legge ed in base ad autonoma liquidazione della somma da versare ( c.d. autoliquidazione o autotassazione). Mentre nella sostituzione d’imposta c'è un soggetto che si sostituisce ad un altro nella riscossione anticipata delle imposte che vanno allo Stato, questa modalità riguarda precise fattispecie e precisi soggetti (obbligati a tenere le scritture
contabili) che effettuano pagamenti. Le imposte sui redditi sono imposte periodiche e quindi ad ogni periodo d’imposta corrisponde un’obbligazione tributaria. La riscossione dell’imposta è una riscossione anticipata, attuata appunto con versamenti diretti; in questo modo il legislatore mira ad avvicinare il più possibile il momento del conseguimento del reddito col momento del pagamento del tributo. Tale forma di riscossione precede sia il presupposto sia la procedura di accertamento.
La riscossione anticipata è realizzata in due modi:
1. Attraverso ritenuta d’acconto, da parte dei sostituti e della pubblica amministrazione, e successivo versamento;
2. Attraverso versamento di acconti, da parte del contribuente: ciascun contribuente deve effettuare, nel corso del periodo d’imposta, 2 versamenti d’acconto,calcolati in base all’imposta dovuta per il precedente periodo, valenti come acconti dell’imposta che risulterà dovuta per il periodo in corso .
Il contribuente può versare meno di una certa percentuale di quanto dovuto per l’anno precedente se prevede di produrre un reddito inferiore e di dover pagare un’imposta minore.
Il versamento diretto può però avvenire anche in via definitiva: in questo caso l’obbligazione è già definita e si va al saldo con la presentazione della dichiarazione di periodo.
Questo tipo di riscossione è previsto per IRPEF, IVA, IRAP e exICI ed è molto utilizzato.
Tramite il modello F24 è possibile versare cumulativamente sia le imposte dirette e le ritenute, sia le altre
imposte, sia i contributi previdenziali ed assistenziali. I versamenti unitari hanno il pregio di consentire la compensazione tra partite attive e passive del contribuente. Il modello F24 va consegnato in banca o, se il soggetto ha partita iva, presentazione e versamento sono realizzabili in via telematica. Questi modelli sono le deleghe di pagamento che conferiscono alle banche la facoltà di prelevare dal conto del contribuente l’imposta e versarla allo Stato.
Tale modalità prevede la COMPENSAZIONE, infatti, in sede di versamenti unitari, i debiti fiscali e previdenziali del contribuente possono essere assolti mediante compensazione con i crediti dello stesso contribuente, ma nei limiti espressamente previsti dalla legge o da regolamenti attuativi del principio statutario.
È necessario distinguere tra:
1. Compensazione verticale: interessa un singolo tributo; con essa è compensato il debito relativo ad una data imposta con i crediti, relativi alla stessa imposta, sorti in periodi d'imposta precedenti e non chiesti a rimborso.
2. Compensazione orizzontale: coinvolge non solo imposte diverse, ma anche i debiti per contributi previdenziali; coinvolge cioè creditori diversi. I debiti che devono essere soddisfatti mediante versamento con il modello F24 possono essere compensati con crediti spettanti al contribuente, ma entro limiti predeterminati.
3) ISCRIZIONE NEI RUOLI
Modalità di riscossione prevista in relazione all’iniziativa dell’amministrazione finanziaria. Si ha quindi tutte le volte in cui la riscossione non avviene per iniziativa del contribuente, ma dell’amministrazione. L’ufficio dell’Agenzia delle entrate forma il ruolo iscrivendo le somme da riscuotere in base ad un titolo che lo legittima a riscuotere, ossia o in base alla dichiarazione o in base ad avviso di accertamento. Il ruolo è un atto amministrativo collettivo, che racchiude un elenco di somme da riscuotere. In ciascun ruolo sono iscritte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce.
Il ruolo è sottoscritto dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato, attribuendo al ruolo effetti di titolo esecutivo.
A questo punto il ruolo viene inviato in via telematica all'agenzia di equitalia spa ora Riscossione spa che rende note ai contribuenti le singole iscrizioni mediante notifica della CARTELLA DI PAGAMENTO. Il ruolo deve essere motivato ed è inoltre necessario che nel ruolo e nella cartella di pagamento vi sia l’indicazione del titolo in base al quale è effettuata l’iscrizione a ruolo. In altre parole, quando il ruolo è meramente “riproduttivo” di un atto precedente, basta l’indicazione dell’atto precedente. Se non sono già noti al contribuente da atti precedenti, nel ruolo devono essere indicati i presupposti di fatto e la ragione giuridica che ne sono il fondamento, secondo la regola generale in materia di motivazione degli atti amministrativi (ruoli innovativi).
Le iscrizioni a ruolo presuppongono un titolo che le giustifichi e questi sono:
• La dichiarazione del contribuente.
• L’iscrizione a ruolo ha questo titolo in tre ipotesi:
1. In caso di mancato versamento di somme che risultano dovute in base alla liquidazione fatta della stessa dichiarazione;
2. Quando, dai controlli automatici e dal controllo formale della dichiarazione, risulta riscuotibile una somma maggiore di quella liquidata e versata dal dichiarante: prima del ruolo formato per riscuotere somme che risultano dovute in base a ciò, l’ufficio deve interpellare il contribuente e inviargli una comunicazione, invitandolo a versare la somma dovuta. Se il contribuente non viene avvertito, l’iscrizione è nulla;
3. Quando vi siano da riscuotere imposte sui redditi soggetti a tassazione separata. Le iscrizioni a ruolo derivanti da dichiarazione divengono definitive con termini precisi di decadenza definiti dal legislatore: entro il 31/12 del terzo anno successivo a quello in cui si doveva presentare la dichiarazione per i controlli formali, quarto anno per quelli di liquidità.
- L’avviso di accertamento : atto con cui si accerta il maggior imponibile o la maggiore imposta dovuta dal contribuente, ma non riscuote. Occorre distinguere tra:
1. Iscrizioni provvisorie: eseguite in base ad un avviso di accertamento non definitivo, perché impugnato. Il ricorso, proposto contro un avviso di accertamento, non ne sospende l’esecuzione; in pendenza del giudizio di primo grado può essere riscosso un terzo dell’imposta, o della maggiore imposta accertata, con gli interessi. Le riscossioni in base ad accertamenti esecutivi impugnati e le iscrizioni a titolo provvisorio sono iscrizioni fatte in base ad un atto sub judice, la cui sorte dipende dall’esito del processo. Esse producono per il fisco un’entrata non definitiva perché, se l’avviso di accertamento è annullato, l’indebito che ne risulta dev’essere rimborsato.
2. Iscrizioni a titolo definitivo: hanno come titolo legittimante le dichiarazioni e gli accertamenti definitivi. Esse appaiono destinate alla riscossione di somme definitivamente dovute; ciò però non è vero in senso assoluto, INFATTI, il contribuente può sempre esercitare l’autotutela. Non è previsto un termine per l’effettuazione dell’ iscrizione a ruolo a titolo definitivo, ma le cartelle di pagamento devono essere notificate ai contribuenti entro un termine previsto a pena di decadenza.
Oltre alla distinzione tra ruoli innovativi e riproduttivi, distinguiamo anche tra:
1. Ruoli ordinari: il pagamento delle somme iscritte a tali ruoli deve essere eseguito entro 60 gg dalla notificazione della cartella di pagamento. Il contribuente che si trova in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà può chiedere una rateazione fino ad un massimo di 72 rate mensili. Il contribuente può chiedere anche una sospensione delle somme dovute in base all’iscrizione, nel caso in cui esso impugni l’atto di accertamento per ragioni fondate. La sospensione può essere disposta sia dall’amministrazione finanziaria, sia dal giudice tributario di primo grado nel corso del processo. Quando l’amministrazione da la sospensione chiede sempre garanzia (es. fideiussionebancaria) per le somme dovute all’erario, anche in caso di rateizzazioni.
2. Ruoli speciali: in tali ruoli vengono iscritte, in via anticipata rispetto ai tempi ordinari, le somme per le quali vi sia fondato pericolo di non riscuoterle. Il pericolo deve essere indicato nella motivazione. Possono essere in tal modo iscritte a ruolo per intero somme (per imposte, interessi e sanzioni) che, invece, sarebbero da riscuotere solo in parte, nelle more del processo di primo grado. Tutto ciò che vale per l’iscrizione a ruolo delle imposte dirette vale anche per l’iva, con l’unica differenza che nell’iva l’avviso di accertamento prevede direttamente la possibilità di pagare le somme previste in esso.
L’effetto che produce per il contribuente l’iscrizione nei ruoli è duplice:
1) Il ruolo attualizza un obbligo di versamento che deve essere adempiuto entro 60 gg dalla notifica della cartella di pagamento;
2) Se l’obbligo non è adempiuto entro la scadenza, l’iscrizione a ruolo legittima l’esecuzione forzata.
3) Se il ruolo è fondato sull’avviso di accertamento, il contribuente è già legittimato e tenuto ad adempiere in base all’avviso., la notifica della cartella di pagamento pone una scadenza all’adempimento.
4) Nel caso di ruolo fondato sulla dichiarazione dei redditi, il ruolo ha per oggetto un debito che doveva essere soddisfatto dal contribuente già in precedenza, mediante versamento diretto. In questo caso, dunque, il ruolo e la successiva cartella di pagamento pongono un nuovo termine all’adempimento, a seguito del quale, se persiste l’inadempimento, può avere inizio l’esecuzione forzata.
Il completamento dell’iscrizione è la cartella di pagamento: l’agente della riscossione deve rendere note ai contribuenti le iscrizioni a ruolo che li riguardano mediante notificazione della cartella di pagamento.
La cartella è un atto amministrativo in cui sono indicate:
1. le imposte iscritte a ruolo, gli interessi le sanzioni e l’aggio da corrispondere a titolo di compenso per la riscossione;
2. la data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, la descrizione delle “partite”, istruzioni sulle modalità di pagamento;
3. a pena di nullità, il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo del procedimento di emissione e di notificazione della cartella;
4. l’intimidazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di 60 gg dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata: la riscossione attraverso ruolo è l’atto (l’unico) introduttivo dell’esecuzione forzata: quando l’amministrazione non riceve il pagamento entro 60 gg da avvio al pignoramento di beni e riscuote le somme che deve avere.
Dalla data di notificazione decorre anche il termine di 60 gg per proporre ricorso (contro il ruolo o contro la cartella).
Quando parliamo di iscrizione a ruolo e cartella di pagamento parliamo di 2 atti diversi, riferibili alla stessa iscrizione ma sono 2 atti presentati fisicamente in modi diversi e ciò comporta scostamento tra l’iscrizione a ruolo effettuata dall’amministrazione e la cartella notificata al contribuente. Per questo può succedere che un contribuente si veda notificare una cartella che non risponde all’iscrizione a ruolo effettuato dall’amministrazione finanziaria e quindi davanti al giudice tributario può succedere che si impugnino delle iscrizione a ruolo per vizi che sono dell’iscrizione a ruolo, ma può anche accadere che si impugnino cartelle di pagamento per vizi che riguardano la cartella che però non riproduce l’iscrizione a cui fa riferimento.
Tutte le volte quindi in cui c’è un atto riproduttivo di un altro atto che per qualche motivo è viziato di per sé, allora quell’atto non sarà un atto definitivo, ma sarà impugnabile davanti al giudice per propri vizi, indipendentemente dalla sorte dell’atto precedente; ciò vale quindi anche per la cartella di pagamento, in base all’autonomia di un atto rispetto all’altro. Perciò diciamo che, in linea generale, l’iscrizione a ruolo comporta l’esigibilità delle somme nel momento in cui il contribuente si trova notificata la cartella di pagamento riferita a quell’iscrizione a ruolo, ma se la cartella contiene vizi propri è evidente che quella cartella è impugnabile autonomamente davanti al giudice tributario.
Abbiamo sempre parlato dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, e cioè del fatto che il contenuto della norma tributaria è un contenuto pubblicitario e quindi l’obbligazione così com’è stabilita nelle norme sostanziali del diritto tributario, così deve essere riscossa naturalmente dall’erario. Nello stesso tempo però esistono ipotesi molto recenti in cui il legislatore tributario, in conseguenza alla possibilità delle proposte di concordato preventivo da parte delle imprese in crisi , prevede la possibilità che, all’interno del “piano” di rientro possibile in sede concordataria, per i debiti relativi alle imprese in crisi altri debiti tributari possano essere ridotti. Bisogna però tenere in conto che i debiti fiscali sono sempre sorretti da un privilegio e che il creditore Stato è un creditore privilegiato ai fini delle procedure concorsuali quindi, prima di tutto devono essere pagati i crediti dell’erario , poi gli altri. Questo comporta che, in sede di liquidazione, se un soggetto liquidatore o amministratore (che ha la responsabilità del processo di liquidazione)decide di utilizzare somme dalla società per pagare altri creditori prima dello Stato ne risponde con i propri beni.
I RIMBORSI
Il contribuente non è sempre e solo debitore del fisco; può essere anche creditore: può esserlo perché ha versato una somma non dovuta, oppure perché ha versato degli acconti che, a consuntivo, superano il dovuto, ancora, perché sono sorti dei crediti d’imposta. Vi sono 3 categorie di crediti:
1) CREDITI IN SENSO STRETTO: definiti tali dallo stesso legislatore.
1. Sappiamo che esistono i crediti relativi a ipotesi di doppia imposizione internazionale, cioè crediti derivanti da situazioni in cui il contribuente ha già pagato un’imposta all’estero ed ha la possibilità di recuperarne una parte nell'ambito del territorio nazionale.
2. Abbiamo poi crediti in senso stretto che possono derivare da agevolazioni fiscali, in particolare si è trattato in passato di crediti che consistevano in detrazioni fiscali corrispondenti a investimenti delle imprese. Una delle modalità con cui il legislatore fiscale attua le agevolazioni nel nostro ordinamento è spesso determinata attraverso crediti d’imposta, quindi crediti definiti tali dalla legge.
Tali crediti in senso stretto sono crediti per i quali normalmente non è previsto in alcun modo il rimborso, nel senso che sono stabiliti a priori sotto forma di detrazione di imposta proprio perché vanno ad abbattere l’imposta esistente del soggetto passivo, non possono essere eccedenti l’imposta del soggetto passivo e quindi non ci può essere un rimborso dei crediti . Inoltre tali sono crediti che vanno indicati in dichiarazione; se il contribuente non li indica in dichiarazione decade dal diritto di esercitare la propria detrazione e quindi chiede il rimborso di quei crediti non inseriti in dichiarazione.
2) CREDITI DA INDEBITO: derivano dal fatto che il contribuente paga un’imposta che non è dovuta e si basano sul principio secondo cui il pagamento indebito genera un credito di rimborso a favore del solvens. Sono possibili fonti dell’indebito:
1. La mancanza (ab origine o sopravvenuta) della norma di legge alla quale si ricollega l’imposta che è stata pagata;
2. L’abrogazione retroattiva della norma impositiva o l’introduzione retroattiva di una norma di favore;
3. L’introduzione di un d.l. del governo che esplica i suoi effetti ma che poi decade in quanto non riceve l’approvazione del parlamento nel termine di 60 gg. In questo caso, gli effetti sorti nel frattempo vengono preservati al termine dei 60 gg con un altro decreto, in modo che l’erario possa godere comunque di quelle somme;
E poi i 2 casi più frequenti:
La dichiarazione di incostituzionalità di una norma impositiva (interna): la norma impositiva esplica i suoi effetti fino al momento in cui viene dichiarata la sentenza di incostituzionalità, la quale comporta la decadenza retroattiva degli effetti; il rimborso è però escluso quando il pagamento si ricollega ad un rapporto esaurito; Il diritto al rimborso che tragga origine dal diritto dell’UE: può succedere che il contribuente si trovi a pagare imposte dovute in base all’ordinamento interno ma non dovute per quello comunitario; in questo caso si fa fede al giudizio della corte di giustizia e lo stato deve adeguarsi ad esso. Tuttavia, nel frattempo la norma interna continuerà a produrre i suoi effetti e quindi, se la corte sancisce l’incostituzionalità della norma interna, il contribuente entra in una posizione di credito da indebito v/erario. Il rimborso avverrà secondo le norme dettate dallo stato italiano, la corte di giustizia però dice che i rimborsi devono essere possibili e non troppo onerosi (devono quindi avete tempi ragionevoli). 3) CREDITI DERIVANTI DA IMPOSTE PAGATE DEBITAMENTE: vi sono casi in cui un contribuente è obbligato a pagare imposte che potrebbero risultare non dovute in un momento successivo. Questo però naturalmente lo si vede solo nel momento in cui si arriva al pagamento del saldo dell’imposta. Ciò riguarda tutte le imposte (Imposte sui redditi, IVA).
Per i crediti in senso stretto non vi sono problemi, per quanto riguarda invece gli altri tipi di crediti, ci sono tante ipotesi diverse da distinguere:
1. Abbiamo ipotesi in cui il credito è un credito che direttamente in dichiarazione compensiamo con
2. altri debiti (in via orizzontale o verticale) per i quali quindi non ci poniamo più il problema del rimborso;
3. Crediti per imposte dovute per i quali è sufficiente inserire in dichiarazione l’intenzione di richiedere il rimborso del credito e a quel punto quella indicazione in dichiarazione vale come se fosse un’ istanza di rimborso all’amministrazione;
4. Crediti che il contribuente può cedere ad altri soggetti;
5. Ipotesi in cui un credito non può essere richiesto attraverso la dichiarazione perché non sorgono da elementi di credito/debito derivanti dalla dichiarazione stessa (es. versamenti diretti di imposte superiori rispetto al dovuto). In questo caso il contribuente presenta un’ istanza all’agenzia delle entrate competente. Tale istanza è una richiesta di vedersi rimborsate le somme pagate in eccesso o indebitamente. Può riguardare tutti i versamenti diretti e le ritenute effettate debitamente o indebitamente che non rientrano in dichiarazione. Il contribuente deve presentare tale istanza entro un termine di decadenza (che decorre dalla data di versamento) che è:
1. Di 48 mesi, per le imposte dirette e per l’IVA
2. Di 3 anni, per le imposte indirette
3. Di 2 anni, per tutto ciò che non rientra nelle ipotesi previste dalla legge.
Se il versamento riguarda ritenute indebitamente operate e versate, l’istanza di rimborso può essere presentata sia dal sostituto (che ha versato), sia dal sostituito ( che ha subito la ritenuta). Il termine decorre, per il sostituito, da quando ha subito la ritenuta e, per il sostituto, da quando ha versato, se la ritenuta e il versamento sono indebiti ab origine. Il termine decorre invece dal versamento del saldo, nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell’an e del quantum dell’obbligazione fiscale.
Se l’istanza non è accolta e si ricorre al giudice tributario, entrambe le parti (sostituto e sostituito) discutono la questione insieme davanti allo stesso giudice; si ha quindi un unico processo, anche se le parti sono in conflitto tra loro.
Al di là della questione riguardante la sostituzione, in linea generale l’istanza deve essere presentata all’amministrazione con le modalità appena esposte e con questa differenziazione per sostituto e sostituito. L’amministrazione a sua volta può rispondere o meno, ed abbiamo quindi le seguenti ipotesi:
1. o ACCOGLIMENTO: l’amministrazione finanziaria dispone il rimborso del credito;
2. o RIFIUTO ESPRESSO attraverso un atto amministrativo con cui l’amministrazione nega il rimborso al contribuente. Quando tale atto viene notificato al contribuente, egli ha 60 gg di tempo per poter lo impugnare davanti al giudice tributario, il quale farà una valutazione dell’atto stesso.
3. o SILENZIO dell’amministrazione finanziaria. Questo è un caso abbastanza anomalo perché solitamente il silenzio vale assenso, ma qui il silenzio vale RIFIUTO. Questo silenzio rifiuto dell’amministrazione deve consentire al contribuente la possibilità di ricorrere davanti al giudice: la legge dice che se l’amministrazione finanziaria tace, decorsi 90 giorni dalla presentazione dell'istanza, quel silenzio diventa rifiuto; a questo punto il termine di 60 gg per ricorrere al giudice che vale di solito non vale, ma vale il termine di prescrizione decennale per poter ricorrere al giudice tributario e richiedere il giudizio nel merito della questione e la condanna per l’amministrazione al pagamento delle somme dovute. Si passa quindi da un giudizio che riguardava l’atto amministrativo ad un giudizio che riguarda l’accertamento nel merito. Il giudice deve valutare la richiesta di rimborso in merito all’accertamento dell’esistenza o meno del credito, senza guardare quindi agli eventuali vizi dell’atto, perché l’atto non c’è. Non si ha quindi nessun annullamento e nessuna illegittimità dell’atto.
Abbiamo finora visto l’iter di rimborso tradizionale, in cui questo deve essere richiesto dall’interessato; ma vi sono dei casi in cui la legge dispone espressamente che il rimborso debba essere disposto d’ufficio dall’amministrazione. Questi casi riguardano:
- Ipotesi di controlli automatici (per es. delle dichiarazioni) in cui l’amministrazione finanziaria
controlla la liquidazione, o formalmente la dichiarazione e rileva degli errori del contribuente a danno del contribuente stesso. In questo caso l’amministrazione deve rimborsare direttamente le somme;
- Tutti i casi in cui l’amministrazione deve rimborsare nella riscossione provvisoria: man mano che il giudizio davanti al giudice tributario procede, il contribuente ha obbligo di versare somme provvisoriamente, in attesa della sentenza definitiva. Tali somme versate che risulteranno non dovute in base alla sentenza definitiva , dovranno essere rimborsate d’ufficio dall’amministrazione senza nessuna richiesta del contribuente;
- Casi riguardanti l’iscrizione al ruolo: se l’iscrizione al ruolo è impugnata da parte del contribuente,
sarà il giudice a decidere e sulla base di ciò vi saranno gli eventuali crediti rimborsati. Il problema sorge quando il contribuente si trova, invece, in una situazione in cui ha pagato somme attraverso l’iscrizione a ruolo (maggiori a quelle dovute o non dovute proprio) e vuole il rimborso in quanto indebitamente pagate ma si lascia sfuggire i 60 gg per impugnare l’atto. Normalmente l’istanza di rimborso decade nei 48 mesi, mentre per impugnare vi sono 60 gg: per l’amministrazione finanziaria, il modo per vedersi rimborsate le somme iscritte al ruolo è quello di ricorrere al giudice tributario e se il contribuente non impugna il ruolo entro i termini non ha alcuna possibilità di ottenere il rimborso.