10. L’INVALIDITA’ DEL CONTRATTO [DEMO]

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Immaginate un edificio, il contratto, eretto con cura dall'autonomia privata. Tuttavia, a volte, nella sua costruzione si insinuano delle crepe, delle anomalie che ne minano la solidità. È qui che entra in gioco l'invalidità, la risposta dell'ordinamento a queste imperfezioni, una sorta di "controllo qualità" che può portare alla definitiva inefficacia dell'opera.

Non tutti concordano su quanto sia estesa questa "famiglia" dell'invalidità. C'è chi la vede come un ombrello accogliente anche per la rescissione, che interviene quando il contratto è viziato da uno squilibrio originario, e per la simulazione, quel gioco di finzioni che rende il contratto inefficace per volere delle parti. Ma c'è anche chi preferisce confinare l'invalidità ai soli vizi genetici, distinguendola da queste altre figure.

Le regole sull'invalidità non si limitano ai contratti tradizionali, ma si estendono anche agli atti unilaterali, ai delicati accordi familiari come il matrimonio, e alle disposizioni testamentarie, a testimonianza di quanto sia cruciale la genuinità della volontà in ogni manifestazione di autonomia privata.

Accanto all'invalidità, si affaccia la nozione di inesistenza, un difetto talmente radicale da rendere l'atto privo di qualsiasi "carta d'identità" giuridica, quasi non fosse mai venuto al mondo per il diritto. È una mancanza più profonda della nullità, dove l'atto, pur malato, ha almeno un'apparenza di negozio. L'inesistenza è come un'ombra inconsistente, mentre la nullità è un atto che, pur esistendo, viene giudicato negativamente dall'ordinamento.

È fondamentale capire che invalidità e inefficacia non sono la stessa cosa. L'inefficacia è spesso la conseguenza dell'invalidità, ma un contratto validissimo può essere temporaneamente inefficace, in attesa di un evento futuro. E un contratto definitivamente inefficace non è detto che sia invalido, magari le parti hanno semplicemente deciso di scioglierlo di comune accordo. Ancor più sottile è il caso dei contratti annullabili o rescindibili: pur essendo "malati", continuano a produrre effetti finché un giudice non interviene a dichiararne l'inefficacia, con un colpo di spugna retroattivo. Ma se nessuno agisce in tempo, quella "malattia" potrebbe cronicizzarsi, rendendo gli effetti stabili.

Entrando nel cuore della nullità, scopriamo diverse anime: c'è la nullità virtuale, che scatta quando un contratto viola una norma imperativa posta a tutela di interessi pubblici; c'è la nullità per difetti strutturali o per illiceità dell'oggetto o della causa; e infine la nullità testuale, espressamente prevista dalla legge.

La nullità ha dei tratti distintivi ben precisi: è assoluta, il che significa che chiunque vi abbia interesse può farla valere in giudizio; è imprescrittibile, l'azione per farla dichiarare non ha limiti di tempo; ed è inconvalidabile, un contratto nullo non può essere sanato, a meno che non sia la legge stessa a prevederlo eccezionalmente. Tuttavia, un contratto nullo può "trasformarsi" in un altro valido se ne ha i requisiti e se si presume che le parti lo avrebbero voluto se avessero saputo della nullità del primo: è la conversione.

Quando la "malattia" colpisce solo una parte del contratto (nullità parziale), la regola è cercare di salvare il resto, a meno che quella clausola o la partecipazione di una parte non fossero essenziali per l'intero accordo. E per preservare il più possibile gli effetti utili, la legge prevede la sostituzione automatica delle clausole nulle con quelle conformi alla legge.

Un discorso a parte merita la nullità protettiva, una forma di nullità relativa pensata per tutelare la parte debole del contratto, come il consumatore. Solo il soggetto protetto può farla valere in giudizio, e c'è un acceso dibattito sulla possibilità che il giudice la rilevi d'ufficio, con una tendenza ad ammetterlo se ciò va a vantaggio della parte debole. In questi casi, la nullità di una singola clausola abusiva di solito non travolge l'intero contratto, proprio per proteggere il consumatore.

Infine, l'annullabilità è una forma di invalidità meno radicale della nullità. Il contratto annullabile è invalido ma produce i suoi effetti finché un giudice non interviene con una sentenza costitutiva per privarlo di efficacia. L'azione di annullamento spetta solo alla parte il cui consenso è stato viziato (per errore, violenza o dolo) o che era incapace di intendere e di volere al momento della stipula. A differenza della nullità, il contratto annullabile può essere sanato attraverso la convalida e l'azione si prescrive entro un certo termine.