05. LE MODIFICAZIONI SOGGETTIVE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO [DEMO]

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Partiamo da un'immagine semplice: un creditore, titolare di un diritto, decide di "passare la mano", di cedere ad altri il suo credito. La bellezza di questa operazione, sancita con chiarezza, risiede nella sua agilità: per il debitore, adempiere nelle mani di uno o dell'altro è spesso indifferente. Ecco perché, di regola, il suo consenso non è necessario.

La legge ci dice che questo trasferimento può avvenire a titolo oneroso, come una vera e propria compravendita di un'aspettativa di pagamento, oppure a titolo gratuito, quasi come un atto di generosità. Ci sono, però, dei confini ben precisi: il credito non deve essere strettamente legato alla persona del creditore, né il suo trasferimento deve essere espressamente vietato dalla legge.

È interessante notare come le parti possano, di comune accordo, decidere di blindare il credito, rendendolo incedibile. Ma attenzione: questo patto ha un'efficacia limitata. Se il nuovo creditore, il cessionario, non era a conoscenza di questo accordo al momento del passaggio di consegne, il patto non gli si potrà opporre. La legge, in questo caso, preferisce tutelare chi acquista in buona fede.

La cessione, ci viene spiegato, è un contratto che si perfeziona con il semplice consenso tra il vecchio e il nuovo creditore, il cedente e il cessionario. Il debitore, quasi uno spettatore esterno, viene coinvolto in un secondo momento, attraverso la notifica. Immagina una sorta di "cambio di guardia" ufficializzato. Fino a quando questa notifica non avviene, il nuovo creditore non può pretendere il pagamento. Ma c'è una sottile tutela per il cessionario: se il debitore, pur non avendo ricevuto la notifica, era già a conoscenza del cambio di creditore e paga al vecchio titolare, non sarà liberato. La buona fede, qui, gioca un ruolo cruciale. L'accettazione da parte del debitore è un atto libero, una presa d'atto formale del nuovo scenario.

Ma perché un creditore dovrebbe cedere il proprio credito? Le ragioni possono essere molteplici. Potrebbe aver bisogno immediato di liquidità e preferire un pagamento anticipato, magari con un piccolo sconto. Oppure, potrebbe voler garantire un proprio debito nei confronti di un altro soggetto, usando il credito come una sorta di "pegno". La cessione, quindi, si rivela uno strumento flessibile, adattabile a diverse esigenze.

L'oggetto di questa cessione può essere vario: non solo somme di denaro, ma anche diritti a ricevere un "fare" o un "non fare". Persino un'aspettativa, un diritto non ancora pienamente formato, ma con solide radici in un rapporto esistente, può essere ceduta.

E cosa succede se il credito ceduto non esiste? Qui la legge sembra derogare a un principio fondamentale. La cessione è comunque valida. Il nuovo creditore, però, ha delle armi a sua disposizione: se l'acquisto era a titolo oneroso, può far valere una garanzia a carico del vecchio creditore, ottenendo un risarcimento. Se invece era a titolo gratuito, la cessione sarà nulla solo in casi specifici previsti dalla legge.

Di solito, la cessione è definitiva, "pro soluto". Ma il vecchio creditore può anche garantire la solvibilità del debitore, "pro solvendo". In questo caso, se il debitore non paga, il nuovo creditore potrà rivalersi sul cedente.

Il debitore ceduto, in questo "passaggio di consegne", non rimane indifeso. Può opporre al nuovo creditore tutte quelle eccezioni che avrebbe potuto sollevare nei confronti del vecchio creditore, purché non siano strettamente personali a quest'ultimo e non siano nate dopo l'avvenuta cessione (a meno che non abbiano un effetto retroattivo).

Un'ultima, ma fondamentale, attenzione va riservata al caso in cui lo stesso credito venga ceduto a più persone. In questa "corsa" al debitore, la legge stabilisce una regola chiara: prevale chi per primo notifica la cessione al debitore con un atto di data certa, o chi per primo ottiene l'accettazione del debitore con un atto di data certa, anche se la sua cessione è successiva. Il pagamento spontaneo del debitore a uno dei cessionari vale come accettazione e fa prevalere quella cessione. Chi rimane "a mani vuote" potrà rivalersi sul cedente disonesto e, in alcuni casi, anche sul debitore e sull'altro cessionario se hanno agito in mala fede.

Ma le modificazioni soggettive non riguardano solo il lato attivo. A volte, è il debitore a cambiare, o meglio, ad affiancarsi o ad essere sostituito da un altro soggetto. Qui, la logica è diversa. Per il creditore, avere un nuovo debitore non è indifferente: potrebbe essere meno solvibile, offrire meno garanzie. Ecco perché, di solito, il suo consenso è necessario. Un'eccezione a questa regola si verifica alla morte del debitore, quando l'eredità, nel suo complesso, garantisce i debiti.

Il nostro testo ci introduce a tre figure chiave in questo scenario: la delegazione, l'espromissione e l'accollo.

Nella delegazione, il debitore originario, il "delegante", ordina a un terzo, il "delegato", di assumere o di estinguere il debito nei confronti del creditore, il "delegatario". Spesso, questa operazione si basa su un doppio rapporto: il delegante è creditore del delegato e debitore del delegatario. La delegazione serve, in un'ottica di efficienza, a "chiudere" due rapporti con un unico adempimento. Distinguiamo la delegatio promittendi, dove il delegato assume l'obbligazione, e la delegatio solvendi, dove il delegato semplicemente paga. Di regola, il debitore originario non viene liberato a meno che il creditore non lo dichiari espressamente.

L'espromissione, invece, si distingue per la spontaneità dell'intervento del terzo, l'"espromittente", che promette al creditore, l'"espromissario", di pagare il debito dell'"espromesso" (il debitore originario), senza aver ricevuto un ordine da quest'ultimo. Anche qui, la liberazione del debitore originario richiede una chiara volontà del creditore, che può manifestarsi anche attraverso un comportamento concludente. Se non c'è liberazione, l'espromissione è cumulativa, e il nuovo debitore si affianca al vecchio.

Infine, l'accollo vede un accordo tra il debitore originario, l'"accollato", e un terzo, l'"accollante", in cui quest'ultimo si assume l'obbligo di pagare il debito al creditore. Se il creditore rimane estraneo a questo accordo, si parla di accollo interno e non ha azione diretta contro l'accollante. Se invece il creditore aderisce all'accollo, si ha accollo esterno, e il creditore acquista un diritto diretto verso l'accollante. Anche in questo caso, la liberazione del debitore originario dipende dalla volontà espressa del creditore.

Questi istituti, pur nella loro diversità, sono accomunati dalla funzione di modificare il lato passivo del rapporto obbligatorio o di far nascere nuove obbligazioni. La legge, saggiamente, detta alcune regole comuni, ispirate a principi di equità e tutela delle scelte del creditore.