06. GLI ELEMENTI ESSENZIALI E ACCIDENTALI DEL CONTRATTO [DEMO]

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Immagina il contratto come un'architettura complessa, dove ogni elemento svolge una funzione precisa e concorre alla solidità e alla bellezza dell'edificio giuridico. Oggi esploreremo le fondamenta, le mura portanti e persino le decorazioni che lo rendono unico.

Ricordiamo che gli elementi essenziali del contratto sono accordo, causa, oggetto e volontà. Della causa ci siamo già occupati nel capitolo sui lineamenti generali del diritto contrattuale, quindi rinvio.

Il nostro viaggio inizia con l'accordo, l'incontro di due o più volontà che si fondono in un unico intento negoziale. È l'elemento genetico, l'alito vitale senza il quale il contratto non può nascere. Pensalo come la scintilla che innesca la creazione, il "sì" reciproco che sigilla un patto.

Il Codice Civile, con l'articolo 1321, lo definisce con precisione: il contratto si perfeziona nel momento e nel luogo in cui i consensi delle parti si incontrano. Un'immagine potente che evoca un abbraccio ideale tra le dichiarazioni.

Tuttavia, la moderna concezione dell'accordo ha superato la rigida idea della "signoria assoluta della volontà". Oggi, si guarda con attenzione alla dichiarazione, al comportamento esteriore delle parti, per tutelare chi, in buona fede, fa affidamento su ciò che viene manifestato. Si parla di una concezione oggettiva dell'accordo, che include anche i rapporti contrattuali di fatto, situazioni in cui, pur mancando una dichiarazione espressa, comportamenti concludenti rivelano un'intesa negoziale.

Un aspetto interessante è il valore del silenzio. Di per sé, il silenzio non vale come accettazione, ma in determinate circostanze concrete, illuminate dal contesto e dalla buona fede, può assumere un significato giuridicamente rilevante.

Dopo aver gettato le fondamenta con l'accordo, passiamo all'oggetto, il "che cosa" del contratto, il fulcro attorno al quale ruotano gli interessi delle parti. L'articolo 1325 lo annovera tra i requisiti essenziali, e l'articolo 1346 ne specifica le caratteristiche: deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile, pena la nullità dell'intero contratto.

Ma cosa intendiamo esattamente con "oggetto"? Qui il dibattito dottrinale si fa vivace e affascinante.

Una prima interpretazione lo identifica con il bene che viene trasferito, modificato o su cui si costituiscono diritti. Pensiamo alla vendita di un albero o di azioni. Tuttavia, questa visione mostra i suoi limiti quando ci troviamo di fronte a contratti come quello di lavoro o un patto di non concorrenza, dove un "bene" tangibile non è al centro dell'accordo. Inoltre, non riesce a distinguere contratti diversi aventi potenzialmente lo stesso bene (vendita, usufrutto, locazione di un immobile).

Una seconda, più sofisticata, prospettiva definisce l'oggetto come il bene dovuto, la prestazione contrattuale in sé. Nella locazione e nella vendita dello stesso immobile, il bene in natura è identico, ma ciò che le parti si impegnano a fare (la prestazione) è radicalmente diverso. Questa interpretazione trova riscontro in diverse norme del Codice, come quelle sulla possibilità e sulla determinazione della prestazione.

È illuminante notare come il legislatore stesso utilizzi il termine "oggetto" in modi diversi. L'articolo 1376 lo identifica con la "prestazione contrattuale" del trasferimento di proprietà, mentre l'articolo 1377 si riferisce al "bene" in sé.

Un'ulteriore teoria, sostenuta da autorevole dottrina, allarga lo sguardo e identifica l'oggetto con l'intero contenuto contrattuale, richiamando gli articoli 1322 e 1419. Tuttavia, questa equiparazione non è pacifica, poiché il contenuto rivela il senso profondo del contratto, qualificato dalla sua causa, la ragione pratica che giustifica l'operazione economica. Pensare che vendita e donazione abbiano lo stesso "oggetto" (il trasferimento della proprietà) ignora la diversità della loro causa (onerosità e liberalità).

Esamineremo poi i singoli requisiti dell’oggetto.

Proseguiamo il nostro viaggio esplorando la forma, la modalità attraverso cui la volontà contrattuale si manifesta all'esterno, diventando socialmente conoscibile. Ogni contratto ha una forma, che può essere un linguaggio (orale, scritto, informatico) o un comportamento concludente.

Vige il principio della libertà delle forme: un contratto può validamente formarsi attraverso qualsiasi mezzo idoneo alla comunicazione sociale. Tuttavia, questa libertà incontra importanti eccezioni previste dalla legge, i casi in cui una specifica forma è richiesta ad substantiam, cioè per la validità stessa del contratto. Si parla di un vero e proprio "neoformalismo", con una crescente proliferazione di vincoli formali. Inoltre, le parti possono volontariamente stabilire una forma convenzionale (articolo 1352).

Introduciamo ora gli elementi accidentali, che le parti sono libere di inserire o meno nel contratto senza intaccarne la validità strutturale. Iniziamo con la condizione, un evento futuro e incerto al quale le parti subordinano l'efficacia (condizione sospensiva) o la risoluzione (condizione risolutiva) del contratto o di una singola clausola.

La condizione è uno strumento potente che consente di modulare gli effetti del contratto in base a specifici interessi delle parti.

È importante distinguere tra la condizione come fatto condizionante e la condizione come clausola contrattuale.

Alcuni atti, detti actus legitimi (spesso relativi al diritto di famiglia o all'accettazione/rinuncia all'eredità), non tollerano l'apposizione di condizioni. Sono inoltre vietate le condizioni illecite (contrarie a norme imperative, ordine pubblico o buon costume), che rendono nullo l'intero contratto.

La condizione incide sull'efficacia del contratto, non sulla sua validità. Il contratto è vincolante fin dalla sua conclusione, anche se i suoi effetti sono sospesi. Questa distinzione è cruciale, soprattutto per gli obblighi strumentali che sorgono durante la pendenza della condizione.

Concludiamo la nostra esplorazione con altri due elementi accidentali: il termine e il modo.

Il termine indica il momento nel tempo a partire dal quale (termine iniziale) o fino al quale (termine finale) il contratto produrrà i suoi effetti. La sua funzione è quella di differire nel tempo l'operatività del contratto. È importante distinguerlo dal termine di adempimento dell'obbligazione, che indica il momento in cui la prestazione deve essere eseguita. Il termine è un elemento accidentale del contratto, mentre il termine di adempimento è essenziale per l'obbligazione.

Il modo (o onere) è un peso imposto dall'autore di un atto di liberalità (donazione, legato, istituzione di erede) a carico del beneficiario, che pur riducendo gli effetti dell'attribuzione, non ne costituisce un corrispettivo. Se illecito o impossibile, il modo si considera non apposto, a meno che non sia stato l'unico motivo determinante dell'atto, nel qual caso rende nullo l'intero negozio. L'atto modale rimane valido anche se il beneficiario non adempie all'onere.